I docenti trasferiti a centinaia di chilometri, in presenza di necessità o incombenze familiari, per rimanere vicino casa possono sperare nei giudici.
Così, perlomeno, è andata ad una insegnante della scuola primaria che lavorava nel V circolo didattico di Barletta e che era stata trasferita ad Udine a seguito dei trasferimenti su ambiti territoriali: la donna potrà tornare ad insegnare nella sua provincia pugliese.
La decisione è stata presa dal giudice del tribunale del Lavoro di Trani che con un’ordinanza ha accolto la richiesta dell’insegnante, sposata e con due figli piccoli.
“Detto principio – è scritto nell’ordinanza – vincola l’amministrazione, in quanto anche la procedura di mobilità ha natura concorsuale di impiego basata su una graduatoria alla cui formazione concorrono l’anzianità, i titoli di servizio e le situazioni familiari e personali dell’interessato, per i quali sono predeterminati specifici punteggi”.
Il Tribunale ha condannato l’Ufficio Scolastico regionale pugliese (che non è comparso in giudizio) ad assegnare l’insegnate “in organico di una delle sedi disponibili nell’ambito territoriale della Puglia o di altra sede elencata nelle preferenze espresse”.
“Si tratta – spiega l’avvocato Graziangela Berloco che ha assistito l’insegnante – della prima ordinanza che in Puglia ha deciso in materia, stabilendo l’illegittimità dell’assegnazione della ricorrente in una sede distante, rispetto a quelle indicate nelle preferenze (Foggia, Bari), per palese violazione “del principio inderogabile dello scorrimento della graduatoria, fondato sul merito di cui al punteggio attribuito nella fase dei trasferimenti”.
“Si tratta – commenta l’Ansa – di una delle prime decisioni relative ai tanti ricorsi presentati dagli insegnanti contro i trasferimenti”: qualche giorno fa, un giudice della sezione lavoro del Tribunale di Salerno ha sospeso gli effetti del provvedimento di trasferimento operato dal Miur nei confronti di una docente dello stesso capoluogo campano.
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