È un vero e proprio “Codice della trasparenza” quello deliberato dal Consiglio dei Ministri il 15/2/2013, che stabilisce la totale accessibilità delle informazioni che riguardano l’organizzazione e l’attività della Pubblica Amministrazione. Il modello di ispirazione è il “Freedom of Information Act” statunitense del 1966. In Italia ci arriviamo qualche anno dopo, ma il principio è lo stesso: la “total disclosure”, ovvero la “trasparenza totale”, da tempo in vigore nei Paesi anglosassoni.
LA TRASPARENZA TOTALE
“Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”. Lo scopo è di favorire il controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, promuovere la legalità, prevenire la corruzione.
Il decreto individua gli obblighi di trasparenza e le modalità di pubblicazione sui siti istituzionali. La norma si pone sulla scia del Codice dell’amministrazione digitale e del D.L.vo 150/2009.
La trasparenza va infatti di pari passo con la modernizzazione e la digitalizzazione. Il ministro Profumo ha sempre fatto di questo trinomio la sua linea guida. Per questo, alla scadenza del mandato, ci si aspetterebbe qualche chiarimento su alcune situazioni di “opacità” rimaste senza risposta. Qualche esempio.
PILLOLE DEL SAPERE. Come è andata a finire?
Il caso più grave riguarda le “pillole del sapere”. Quando a novembre scoppiò lo scandalo, con piglio deciso il Ministro annunciava: “Qualsiasi eventuale anomalia di funzionamento dell’amministrazione o presunto cattivo uso del denaro pubblico deve trovare una risposta tempestiva da parte delle istituzioni competenti, in termini di trasparenza e chiarezza”. Dichiarava inoltre di aver avviato degli accertamenti amministrativi e un’accurata due diligence (con immancabile terminologia inglese).
LE CIFRE DELLA SCUOLA. Perché non si pubblicano tutti i dati del Sistema Informativo dell’Istruzione?
Un’altra questione che non va nel senso della “accessibilità totale” riguarda la sospensione delle pubblicazioni “La scuola in cifre” e “La scuola statale sintesi dei dati”, non più pubblicate a partire dal 2010/2011 proprio in concomitanza con l’entrata in vigore delle riforme Gelmini. Dati che mancano e pertanto, come è già stato fatto notare, privano gli operatori del settore degli elementi conoscitivi necessari per capire se è stato raggiunto l’obiettivo di un più efficiente utilizzo delle risorse e di una maggiore efficacia formativa.
COMANDI E CRITERI SELETTIVI. A quando la “total disclosure”?
Non si è saputo più nulla della richiesta dell’Adi di conoscere l’elenco completo dei nomi dei docenti/dirigenti comandati, assegnati temporaneamente a prestare servizio presso enti e associazioni, né sono noti i criteri selettivi e di assegnazione ad un ente piuttosto che a un altro. Anzi, il Miur aveva addirittura tirato fuori la solita scusa della privacy, facendo una figuraccia nelle cronache nazionali.
PROCEDURE CONCORSUALI. È assicurata la trasparenza?
A proposito del concorso per 11mila docenti, Profumo ha affermato che l’obiettivo del suo Ministero è stato quello di ricreare un clima di fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi di selezione ideati dallo stato e che questa selezione è stata trasparente. Forse sì è dimenticato che il suo Ministero gestisce anche un concorso per 145 dirigenti tecnici avviato nel 2008 e tuttora non concluso (5 anni), che sta per essere sommerso dai ricorsi a causa soprattutto della nebbia impenetrabile che ha avvolto le procedure e i criteri selettivi.
DIRITTI DI CITTADINANZA DIGITALE. Quando saranno effettivi?
Anche in tema di digitalizzazione, l’adeguamento alla nuova normativa non pare così solerte. Il Codice dell’Amministrazione Digitale riconosce ai cittadini il diritto all’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, nonché la partecipazione al procedimento amministrativo informatico. Ma il diritto non è “assicurato”, perché finora il Miur non ha adottato il regolamento applicativo.