Uno dei punti nevralgici di questa emergenza sanitaria è la scuola e se c’è una cosa buona che questo virus ha prodotto è una maggiore attenzione su di essa. Però, a tutto c’è un limite. Sì, perché usare la scuola come mezzo di propaganda elettorale e come strumento per misurare la propria forza, francamente non è porre attenzione sulla scuola, ma strumentalizzarla vanificando il lavoro sia dei suoi operatori, sia degli allievi.
Andiamo per ordine: la DAD: è evidente che la didattica in presenza abbia quei requisiti di socialità che con la didattica a distanza mancano, però l’emergenza ha le sue regole e i suoi “sacrifici”, quindi: prima la salute, bene che la nostra
Costituzione salvaguarda sopra ad ogni altro. Ben venga, quindi, la DAD che ci permette di continuare a lavorare, a veicolare cultura, valori e tra questi ci sono anche il senso di responsabilità e il rispetto delle regole. Gli alunni sono consapevoli di quanto si rischia e accettano di stare dentro, di vedersi attraverso una telecamera, senza lamentarsi, né fare le vittime e non si sentono “figli di un dio minore” perché in DAD: hanno una dignità e hanno capito da tempo che ora devono dare il meglio di sé in questa situazione contingente.
In DAD, inoltre, i ragazzi hanno usufruito di una didattica costante e continuativa, cosa che non sarebbe stata possibile in presenza per via dei rallentamenti dovuti ai casi positivi in classe e conseguenti periodi di quarantena. Tornare in presenza, per le Superiori, significa mettere mano ai trasporti pubblici che non hanno mai rispettato le restrizioni che i DPCM prevedevano; tutta la popolazione scolastica ha invece contribuito nel cercare di mantenere la scuola sicura e “pulita”.
Si parla di tavoli con i Prefetti per cercare di ovviare al problema, ma, da quanto si apprende, da questi tavoli sarebbero esclusi i Dirigenti scolastici: insomma, chi la scuola la vive non ha voce in capitolo? Arriviamo ora ad un altro punto da cui non posso esimermi: la Ministra sembra aver parlato, in più di un’occasione, di un eventuale recupero dei giorni di scuola persi.
Ora la domanda è diretta: Ministra, di grazia, potrebbe dirci quali sarebbero i giorni da recuperare, visto che:
a) è stata sospesa la didattica in presenza, ma le scuole sono aperte e con esse tutte le attività connesse. Forse l’avere sempre parlato di “scuole chiuse” l’ha confusa.
b) Docenti e discenti, ognuno per il proprio ambito, fanno regolarmente lezione, anzi: proprio perché
in DAD anche chi ha sintomi riconducibili al covid, tipo un raffreddore, e in presenza non sarebbe potuto venire, sempre per il protocollo stilato dal Governo, a distanza fa lezione, sia esso insegnante, o alunno; quindi, Ministra, riformulo la domanda: quanti e quali giorni di non lezione si dovrebbero recuperare?
La scuola non è merce di scambio, non è un giocattolo su cui sfogare le proprie frustrazioni. È ora di finirla e se davvero la si vuole mettere al centro della vita del Paese, venga trattata come merita.
Roberta Placida
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