L’andamento della trattativa per il contratto nazionale sulla mobilità rende opportuna qualche osservazione non del tutto secondaria.
La prima osservazione riguarda i tempi: dopo la firma dell’intesa del 29 dicembre i sindacati avevano lasciato intendere che la trattativa sarebbe stata rapida e indolore e che a metà gennaio tutto si sarebbe concluso senza troppi problemi (chiamata diretta compresa).
Ma le cose stanno andando un po’ diversamente: nella giornata del 12 gennaio si è arrivati ad esaminare l’articolo 12 del contratto; se si tiene conto del fatto che lo scorso anno l’intero documento conteneva 56 articoli, oltre a numerose tabelle allegate, è facile capire che i tempi non saranno brevissimi.
Ma c’è un’altro punto che vale la pena evidenziare.
Nei comunicati sindacali di questi giorni (l’ultimo in ordine di tempo è quello della Flc del pomeriggio del 12) si parla con grande enfasi di importanti risultati raggiunti finora.
Per esempio proprio la Flc sottolinea che il contratto recepirà gli effetti della legge 76 del 20 maggio 2016 e quindi la precedenza per l’assistenza al congiunto verrà estese anche alle persone unite civilmente (d’altra parte se la legge tutela le unioni civili, la modifica è pressoché inevitabile).
Ma per la verità, sui nodi veri della mobilità, nessun sindacato si sta esponendo più di tanto; insomma si sta discutendo di molti temi ma si tralascia di affrontare i problemi più delicati, quelli che più di tutti stanno a cuore ai docenti.
In particolare: la chiamata diretta rimarrà nella forma in cui l’abbiamo conosciuta quest’anno o verrà modificata nella direzione auspicata dai sindacati e cioè con regole oggettive e soprattutto uguali in tutta Italia? Ci sarà un articolo del contratto dedicato a questo argomento?
La sensazione (ma – è bene precisarlo – si tratta appunto di una sensazione) è che dopo le “promesse” fatte ai sindacati il 29 dicembre, la ministra Valeria Fedeli stia cercando ora una soluzione tecnica per mantenere la promessa, soluzione che, per forza di cose, dovrà essere trovata sul piano legislativo. In altre parole: il tema della chiamata diretta verrà affrontato al tavolo contrattuale solo dopo che la ministra avrà “trovato una quadra” a livello politico; e questo potrebbe spiegare il motivo per cui la trattativa tarda ad entrare nel vivo.
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