Quella dell’Enam, la trattenuta obbligatoria per tutti i docenti della scuola primaria che risale a un decreto del lontano 1947, rischia di trasformarsi un una querelle immensa con gli insegnanti, sostenuti dai sindacati, da una parte e il Miur dall’altra. Dopo la decisione dell’Anief di chiedere alla Ragioneria provinciale dello Stato la revoca della trattenuta obbligatoria dello 0,80% sullo stipendio (attraverso un modello predisposto dallo stesso sindacato) e gli annunci fatti dalla Uil Scuola durante la campagna elettorale delle scorse settimane per il rinnovo delle Rsu, anche la Gilda degli insegnanti fa sapere che si sta muovendo.
Il passo ufficiale del sindacato di Di Meglio è stato fatto dalla Gilda di Trieste: anche in questo caso l’obiettivo è ottenere l’abolizione di quello che la Fgu definisce “un balzello iniquo” che grava sugli stipendi dei docenti delle scuole elementari e dell’infanzia.“Si tratta di un ricorso pilota – chiarisce il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio – ma, se avrà esito positivo, potrà essere esteso a livello nazionale”.
La somma prelevata dalla busta paga è dell’1% sull’80% dello stipendio, per un totale annuo di oltre 200 euro. Nonostante la soppressione dell’ente assistenziale, la trattenuta non è stata cancellata, ma trasferita all’Inpdap. Da quando anche questo Istituto ha cessato di esistere, i docenti continuano, loro malgrado, a versare questo “tributo” nelle casse dell’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – aveva detto qualche giorno fa Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief – migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’ENAM, di cui non si percepisce più l’utilità”.
Di Meglio aggiunge “che le forme di assistenza offerte dall’Enam non si sono mai adeguate alla mutata realtà storica e sociale del Paese e, quindi, non hanno garantito alcun vantaggio sostanziale agli insegnanti. Ecco perché – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – chiediamo che, contestualmente alla soppressione dell’ente, venga eliminato anche questo iniquo balzello”. Che però alle casse dell’Inps potrebbe portare oltre 50 milioni di euro l’anno.
Sulla vicenda non tutti i sindacati la pensano allo stesso modo. La Flc-Cgil non ci risulta che si sia espressa. Mentre la Cisl si è detta più possibilista verso il mantenimento del servizio.