Attualità

Trattori in piazza a protestare: la riqualificazione della figura dell’agricoltore parte dalle scuole

Le proteste che in questo periodo agitano il mondo dell’agricoltura coinvolgono anche molti giovani che hanno trovato lavoro in questo settore e meritano attenzione.

Quando si parla dei giovani cosiddetti “nativi digitali” prevale il cliché di una generazione che vive nel virtuale, praticamente già ibridata con la tecnologia, al punto che lo smartphone sembra diventato un prolungamento del braccio.
Invece abbiamo scoperto nei servizi e nei video sulle proteste degli agricoltori che esiste anche una generazione che vive della terra e dei suoi prodotti, ovvero di quanto di più concreto esista.

Nel settore agricolo i giovani aumentano

È da un po’ di tempo che i dati registrano una crescita dei giovani impegnati nel settore primario. Una recente analisi di Coldiretti riferisce che gli agricoltori under 30 negli ultimi dieci anni sono aumentati del 12,8%. In controtendenza rispetto alla notevole diminuzione in altri settori economici, in quello agricolo c’è stato un aumento di oltre 4mila imprese under 30. Le imprese giovani hanno di fatto rivoluzionato il mestiere dell’agricoltore impegnandosi soprattutto in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.

La tendenza è confermata anche un recente articolo di cronaca: la seconda edizione della scuola per pastori in Toscana ha registrato un boom di iscrizioni, con ottanta richieste a fronte di otto posti messi a disposizione.

A livello nazionale, i dati relativi alle iscrizioni per il 2023/24 ci dicono che l’1,5% di studenti degli Istituti Tecnici sceglie l’indirizzo di Agraria, Agroalimentare e Agroindustria, ma si supera il 2% in molte regioni quali Piemonte e Veneto, e si arriva al 3% nelle Marche.

La nuova politica agricola comune (PAC) dell’Unione europea

Dal 2023 è diventato operativo il Green Deal messo a punto dall’Unione europea, un piano ambizioso (e non semplice da realizzare), il cui obiettivo principale è la limitazione del riscaldamento globale, da raggiungere tramite l’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2050 e la riduzione di almeno il 55% entro il 2030, con cambiamenti indotti difficili da gestire in tempi così brevi.

In questa cornice, le politiche per i giovani sono considerate prioritarie e il “ricambio generazionale” è obiettivo chiave: “Per un settore agricolo dinamico c’è bisogno di giovani agricoltori qualificati e aperti all’innovazione, in grado di rispondere alle esigenze della società, dalla produzione di alimenti di qualità alla fornitura di beni pubblici ambientali”. Per attirare nuovi agricoltori e facilitare lo sviluppo imprenditoriale sostenibile nelle zone rurali sono previsti piani e finanziamenti specifici, che diverse Regioni italiane stanno già attuando.

La dotazione finanziaria della nuova PAC (risorse bilancio UE), per tutti i 27 Stati membri, è di ben 270 miliardi per il periodo 2023-2027. L’Italia ha a disposizione quasi 37 miliardi di euro in 5 anni (oltre 28 miliardi di risorse UE e circa 8,5 miliardi di cofinanziamento nazionale).

Perché allora gli agricoltori protestano?

I motivi delle proteste sono vari. In primo luogo c’è sicuramente un problema di redditi troppo ridotti (per tasse, assicurazioni, gasolio, ecc…), ma anche la politica europea è contestata. In sostanza il Green Deal prevede una attuazione a tappe forzate, praticamente insostenibile nonostante i finanziamenti. I vertici della Ue sembrerebbero propensi a concessioni sul piano degli sgravi fiscali, dei finanziamenti, delle deroghe temporanee, continuando però a sostenere la nuova PAC. Forse non basterà, se non si apre il dialogo anche sugli obiettivi troppo ambiziosi e sulle misure troppo stringenti. La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha recentemente manifestato una apertura al “dialogo strategico” con gli agricoltori, pur continuando a sostenere la transizione verde. Vedremo dunque se i vertici UE sapranno coniugare gli obiettivi di sostenibilità con l’effettiva competitività dei prodotti agricoli europei rispetto ai mercati internazionali, dando prospettive certe a chi sta protestando.

Giovani agricoltori: ci sono le premesse per una “generazione A come Agricoltura”?

Gli agricoltori che protestano sono divisi in varie sigle. Fra queste il Coordinamento Nazionale Riscatto Agricolo che si autodefinisce “un movimento autonomo spontaneo, apolitico, di giovani agricoltori, partito dal basso”. La loro piattaforma in 10 punti chiede espressamente una “riprogrammazione” del Green Deal, e l’abolizione immediata di vincoli e contributi volti a disincentivare la coltivazione (il riferimento è all’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni). Si chiedono anche regolamenti stringenti che contrastino l’ingresso sul mercato di cibi sintetici e la “riqualificazione della figura dell’agricoltore a partire dalle scuole, valorizzandola e non additandola come responsabile dell’inquinamento ambientale”. “Chiediamo che i valori e le tradizioni dei nostri avi, e dell’agricoltura stessa, tornino ad essere vissute in tutte le scuole come motore del sapere, del saper fare, del saper insegnare cultura, rispetto, tradizioni, valori, tutela dell’ambiente, che solo la cultura contadina è capace di promuovere, dove il talento dell’agricoltore sia significato di custode dell’ambiente, del territorio e del cibo”.

Anna Maria Bellesia

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