Questa volta il ministro Tremonti è stato irremovibile: "Basta – ha detto in pratica il titolare del dicastero economico – con ulteriori impegni di spesa per la scuola, abbiamo anzi da far fronte ad un "buco" di quasi mille miliardi".
Oggetto della contesa Istruzione/Tesoro è il concorso per assumere nuovi dirigenti scolastici; il problema riguarda in particolare 1500 presidi incaricati che in molti casi ricoprono quel ruolo da diversi anni (qualcuno persino da 10).
Nei giorni scorsi pareva che tutto fosse ormai pronto per dare il via all’operazione: pronto il bando, pronti i programmi, associazioni e organizzazioni sindacali già all’opera ad organizzare corsi di preparazione.
Poi, al rientro dal breve week-end pasquale, il Ministero del Tesoro ha stoppato il Dipartimento della Funzione Pubblica che stava già firmando il decreto di emanazione del bando.
Pare che a Viale Trastevere la decisione non sia piaciuta per niente, anche se lo staff di Tremonti faceva sapere che i soldi non ci sono proprio.
In realtà sulla disponibilità complessiva delle risorse destinate alla scuola pesa ancora adesso la voragine creatasi a partire dal 2000, quando il personale degli enti locali (soprattutto bidelli di scuola elementare e dell’infanzia, ma anche assistenti tecnici e altre figure professionali) transitò in massa alle dipendenze dello Stato.
Fin dall’inizio l’operazione era costata parecchio, ma c’è da aggiungere il fatto che ora nelle elementari e nelle materne il numero dei bidelli viene calcolato con i parametri fissati dalle regole dell’Amministrazione scolastica: in molti casi il personale è aumentato anche del 20% e questo ha fatto lievitare i costi complessivi.
A farne le spese sono non solo i contratti di lavoro per il personale, per i quali le risorse sono davvero modeste, ma anche ogni altra iniziativa legata al funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Pronta e durissima la risposta dell’Anp: "I 1.500 (e più) presidi incaricati in servizio sono pronti a rimettere il loro mandato in questo momento dell’anno scolastico in segno di protesta, con formale lettera di dimissioni indirizzata al massimo livello politico", annuncia il presidente Giorgio Rembado che aggiunge: "Questa vicenda testimonia della scarsa considerazione in cui vengono tenute le esigenze di funzionamento regolare delle scuole, contraddicendo in modo palese le intenzioni sbandierate ad ogni passo dal Governo circa l’attenzione che si vorrebbe portare alla questione scolastica e l’impegno a migliorarne i livelli di efficacia".
Anche i Confederali minacciano di far scendere in piazza i presidi incaricati e intanto organizzano una manifestazione pubblica per il prossimo 12 aprile.
In realtà l’immissione in ruolo dei presidi incaricati non dovrebbe avere costi elevatissimi, dal momento che il recente contratto dei dirigenti scolastici stabilisce che lo stipendio degli incaricati è di fatto uguale a quello dei dirigenti.
"E’ vero ribattono dal Ministero, ma gran parte del personale che entrerebbe in ruolo è ormai prossimo alla pensione, nell’arco di due-tre anni al massimo avremmo di nuovo centinaia di posti vacanti".