Al Tito Livio di Milano dal prossimo anno scolastico verrà introdotto un triennio bilingue in cui tutte le materie, tranne italiano e greco, saranno insegnate in inglese: « Il liceo classico è unico al mondo; dovrebbe diventare un patrimonio Unesco. Il classico non è per tutti. Non è per i ragazzi che non hanno voglia di studiare né per i genitori che vogliono una scuola a basso prezzo, ossia facile». Lapidaria la dirigente nel sostenere il suo progetto. E poi aggiunge, come riporta La Stampa: «Bisogna svecchiare la didattica senza svendere nulla. Anzi. Dobbiamo alzare l’asticella. Il grande passo che, nel rispetto dell’autonomia e della legge sulla Buona Scuola, con un corpo di docenti d’eccellenza sto affrontando è potenziare l’offerta aggiungendo l’inglese, strumento essenziale per il futuro dei giovani. Chi farà questa scelta studierà ancora di più? Non sottovalutiamo questa generazione. Sono bravi ragazzi, sanno che devono affrontare tanti ostacoli».
Intanto ha già fissato la data per selezionare i 24 alunni della classe pilota che in un’ora e mezzo dovranno rispondere a domande di latino, matematica, cultura generale. «Entreranno in graduatoria i primi 13 del Tito Livio più gli altri (di altri licei e pure di altre regioni), sia interni che esterni, migliori in assoluto».
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Questo il programma, dove sono compresi stage di studio-lavoro all’estero:
34 ore di lezioni settimanali invece di 31;
6 ore invece di 4 di latino (2 ore rimarranno in italiano, 2 per le traduzioni dal latino all’inglese) oltre a 4 ore in più d’inglese.
«Alla fine del triennio avranno la certificazione Ielts almeno al 7.5, un passaporto per le migliori università del mondo compresi alcuni corsi di laurea in inglese del Politecnico e Bocconi».
«Nonostante i tanti problemi la scuola pubblica può vincere la scommessa», sostiene Ferrario, che aggiunge: «Dopo la maturità il 17% dei nostri studenti, secondo la Fondazione Agnelli, risultava in dispersione scolastica. Li ho contattati e ho scoperto che non risultavano iscritti alle nostre università solo perché studiavano all’estero spesso in contesti d’eccellenza: alcuni a Rotterdam, molti di più a Oxford. Dovevamo aggiornarci».
In ogni caso «Le lezioni iniziano alle 8,10, chi arriva dopo resta fuori per rispetto del gruppo. I cellulari? No, distraggono. Puntiamo sull’autocontrollo dei ragazzi». Al Tito Livio se l’aria è cambiata è grazie anche ai grandi alleati della dirigente: i suoi colleghi professori. Quasi tutti hanno accettato la sfida e, divisi per preparazione, da mesi sono tornati sui banchi. A loro l’arduo compito d’imparare a insegnare in inglese le loro difficili e amate materie.
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