Pitturare le classi e le porte della nostra scuola”. Ma la preside Maria Cristina Rocco ha adottato la linea dura e ha subito chiamato la Digos per far sgomberare il posto: “Dovevo garantire la sicurezza”, si giustifica. Intanto una trentina di quei ragazzi sono stati identificati e rischiano oltre a sanzioni disciplinari anche una denuncia.
In realtà tutto ebbe inizio a fine ottobre, osserva la preside, quando gli insegnanti decidono di contestare le sei ore aggiuntive di didattica, astenendosi dalle attività extrascolastiche. Poi il corteo del 14 novembre ha unito nella stessa piazza le voci degli studenti e degli insegnanti. Infine gli alunni abbozzano un primo tentativo di occupazione, ma “col dialogo li abbiamo dissuasi”, racconta la preside.
L’idea della dirigente era quella “di costruire un percorso condiviso. Per parlare anche della legge Aprea e della sicurezza scolastica i cui fondi sono stati tagliati dalla Provincia“. Ma la mattina del 5 dicembre è arrivata la telefonata che non si aspettava: i ragazzi si erano introdotti di notte all’interno della scuola. A quel punto si è vista costretta a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine per sgomberare.
Dentro erano pochissimi, circa 32 identificati, fuori erano più di 700. Nonostante ciò, raccontano i ragazzi, gli agenti sono entrati in modo violento, spaccando una finestra vicino ad un ragazzo che per un pelo non ci è rimasto secco. Di lì il panico, la maggior parte degli occupanti è fuggita via.
Da venerdì pomeriggio quegli studenti dovranno essere giudicati dai 15 consigli di classe straordinari convocati dalla preside. “E’ un processo”, accusano gli alunni. “Daremo solo un segnale, non vogliamo che ci siano ripercussioni”, assicura la preside. (La Stampa)
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