In previsione dell’Esame di stato delle quinte classi, due possibili scenari si profilano: con il rientro a scuola entro il diciotto maggio si terranno le prove scritte e orali; se non vi sarà rientro, solo orali.
Con quali modalità? Ancora da definire se in presenza o on line. Se in presenza, dovrà essere garantita la sicurezza di docenti, operatori scolastici e alunni con tutti i dispositivi necessari.
Se, invece, a distanza, bisognerà assicurare i device adeguati supportati da buone connessioni, altrimenti il tutto il sistema rischia di incepparsi con un effetto domino.
Stabilito che la commissione sarà costituita da sei membri interni e presidente esterno, i dubbi sorgono. E’ proprio necessaria la presenza del garante esterno? Nel caso dell’espletamento on line si dovrà garantire la giusta informazione sugli alunni e sul processo didattico effettuato. Saranno gli ATA ad occuparsene? Andranno a scuola a rilevare i fascicoli degli alunni, a controllare il corretto pagamento delle tasse, a ricevere e trasmettere a chi di dovere l’incartamento di rito? E il documento del 15 Maggio andrà redatto nei giusti tempi o sarà procrastinato nella consegna?
Ancora. Nell’ordinanza è scritto che spetta ai dirigenti scolastici della scuola pubblica o al coordinatore della didattica per la scuola privata proporre la composizione delle commissioni sulla base di alcuni criteri. Nello specifico, si suggerisce di nominare a scavalco nelle due commissioni. E laddove si è pronunciati illo tempore diversamente? La nomina dei membri interni deve essere rivista per favorire chi è a scavalco?
Circa la nomina dei commissari interni, cosa significa “Può essere designato come commissario un docente la cui classe di concorso sia diversa da quella prevista dal quadro orario ordinamentale per la disciplina selezionata, purché insegni la disciplina stessa nella classe terminale di riferimento.” Cioè è possibile che i commissari non appartengano allo stesso consiglio di classe? Forse nel caso di rinuncia e impossibilità di nomina?
In ogni caso, è assicurata la presenza del commissario di italiano nonché del/dei commissario/i della seconda prova scritta.
Tutto è in relazione all’organizzazione delle nomine. E ci sta. Servono, però, ancora chiare e non lunari indicazioni. Quale valutazione, ad esempio?
Qualora dovesse essere abolita la prova scritta, il peso della prova orale assumerà una valenza enorme, 60 punti a fronte dei 20 precedenti a cui si andrebbero ad aggiungere i 40 di credito.
È evidente che se prima l’esame si incentrava su due competenze chiave, linguaggio e scrittura, ora, non solo cambia la natura della prova ma anche il modo di valutare. Quali rubriche di valutazione devono essere redatte dalla scuola? O meglio dalle singole commissioni? A quali soft skills bisogna dare peso vista la didattica a distanza? Sarebbe impensabile valutare con le classiche rubriche d valutazione!
Andando oltre tali questioni, che non sono parva materia, altri dubbi attraversano il mondo della scuola.
Ci si interroga se a partire dal 7 Marzo, data di chiusura delle scuole e di avvio della didattica a distanza, tutti i nostri maturandi abbiano avuto modo di prepararsi adeguatamente all’esame.
La pandemia ha sconvolto le vite di molti studenti, per lutti familiari, sopraggiunte difficoltà economiche, emozioni confuse e incertezze legate al futuro. Ci sono studenti che non hanno avuto la possibilità di accedere alla didattica a distanza. L’ ISTAT calcola che il 33,8% delle famiglie italiane non possiede un PC o un tablet. E solo da pochi giorni si sta procedendo alla distribuzione di tablet e PC agli alunni svantaggiati a seguito degli stanziamenti ministeriali.
Per quanto il mondo della scuola non si sia tirato indietro di fronte alla nuova sfida della didattica a distanza, tuttavia i risultati non possono dirsi uniformi. D’altronde non si sarebbe potuto fare altrimenti, partendo ex novo e senza esperienza, fatta eccezione che per pochi.
L’esperienza si è fatta sul campo, attuando buone e nuove pratiche, ma anche compiendo errori.
La DAD, nuovo acronimo, che sembra ironicamente ricordare il termine anglofono DADDY, papà, come se appunto fosse una didattica “paternale”, da generoso slancio volontaristico talora disorganizzato, per Decreto legge del 9 aprile, va “assicurata” – e si chiarisca che “assicurata” non significa “obbligatoria”!!!- ma resta pur sempre disorganizzata nella maggioranza dei casi.
Sono state utilizzate piattaforme per lezioni on line o in differita, contatti social di ogni tipo, tutto pur di rimanere solidali e vicini ai ragazzi in un momento di bisogno relazionale ed educativo. Questo non può permettere che la scuola reale in presenza si traduca in scuola virtuale a distanza, per la quale si moltiplica la frontalità e l’asetticità della relazione attraverso il device.
Priva di ogni riferimento normativo, la DAD, così come forzatamente alcuni l’hanno intesa, si presta poi a ricorsi e contenziosi, aspetto non trascurabile ma di cui soprattutto i dirigenti, per non citare la stessa Ministra non vogliono occuparsi.
Si aggiunge, inoltre, questa domanda: quale la salute fisica e psichica dei nostri ragazzi stiamo curando?
Si chiede loro di affrontare un “rito di passaggio” in uno stato di incertezza che riguarda tutti gli aspetti della nostra esistenza: in primis la salute, soprattutto psichica, e non meno rilevante la tranquillità economica che molte famiglie hanno perso o già facevano fatica a mantenere prima.
La scuola non può trascurare l’aspetto dell’eguaglianza. Chi era più debole prima per situazioni di svantaggio economico e sociale, lo è ancora di più ora.
Senza tenerne conto si rischia di avvantaggiare chi, per privilegio di nascita e di estrazione, ha avuto la serenità di studiare e “rendere”, rispetto a chi quella serenità personale e familiare l’ha persa. Digital devide associato al gap economico.
In tale contesto il rito di passaggio diventerebbe una cruna stretta da cui passare, un ricordo carico di ansia, accompagnato da un senso di ingiustizia.
Quest’anno non può dirsi perso, ma neanche recuperabile come se nulla fosse stato. E pensiamoci bene. Sia valutato l’impegno e il profitto degli ultimi tre anni, compreso quest’ultimo scorcio.
Anche nel lontano 1943, gli esami non si fecero. Eravamo in guerra. Il confronto con oggi non sembri esagerato. Il nemico è diverso ma ha lo stesso impatto.
Il rispetto della vita dovrebbe imporci una riflessione sulla sacralità dell’esistenza, prima di ogni forma di liturgia. A questo, infatti, si ridurrebbe l’esame in tempi così avversi: mero ossequio liturgico.
Filomena Castaldo
Annunziata Sorrentino
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