Nel 2012 Elsa Maria Fornero intervenendo a un convegno sull’apprendistato disse: “i nostri giovani sanno troppo poco. Non conoscono le lingue, l’italiano compreso e neanche i rudimenti della matematica. Non sanno fare di conto”.
Alle affermazioni della Fornero replicarono: “Il Ministro Fornero non deve attaccare i giovani che non sanno le tabelline. Se i giovani italiani hanno problemi con italiano, matematica e inglese, forse le responsabilità maggiori vanno attribuite al sistema educativo, alla Scuola e agli insegnanti”.
Sono passati 7 anni da quelle affermazioni, e oggi il problema non solo non è stato risolto, ma anzi è peggiorato (su quanto detto in rete esistono video molto indicativi).
Oggi sono in molti a pensare che per imparare la tavola pitagorica servano programmi che non siano solo dei giochini, ma che siano dei veri e propri ambienti di apprendimento.
Ovvero esiste la convinzione che servano dei programmi che suggeriscano percorsi, che guidino alla scoperta, che coinvolgano nella costruzione dell’apprendimento, che mostrino una matematica semplice e bella da fare per il bambino e per l’insegnante. Una matematica che stupisca, nel vero senso della parola.
Queste persone forti del fatto che l’attuale tecnologia lo permetterebbe, spingono sull’acceleratore dell’ innovazione didattica per raggiungere livelli manipolativi veri e propri, funzionali allo sviluppo di una auspicata competenza.
Però, a nostro avviso, non sempre la tecnologia migliora l’apprendimento, a volte si rischia di giocare con concetti distanti anni luce dal gioco didattico, concetti che sono patrimonio del sacrificio allo studio, in altre parole di quella sana abitudine di stare ore a tavolino.
Infatti, a furia di fare una matematica che stupisca, il livello di calcolo delle nuove generazioni si sta sciogliendo come neve al sole, lasciando solo l’amaro stupore di una tragica presa d’atto: troppe innovazioni didattiche (Cooperative Digital Learning, Coding, Storytelling, Byod, Gamification etc. etc. ), troppi giochi e poco sacrificio nell’imparare quello che per le passate generazioni era ordinaria amministrazione.
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