Carlo Nordio, già procuratore aggiunto della Repubblica di Venezia, oggi in pensione per raggiunti limiti di età, ha centrato una delle problematiche più importanti sull’imminente apertura delle scuole.
Scrive infatti sul Messaggero: “Gli insegnanti hanno le stesse responsabilità di un tempo senza avere i poteri di impedire l’evento dannoso”.
Che significa?
Basandosi su quanto scrivono tanti giornali, secondo i quali circa un terzo dei docenti non si presenterà in aula il primo giorno di scuola accampando problemi di salute o rischi dovuti all’età, l’ex magistrato scrive che se “a ciò si aggiunge il timore di dover rispondere personalmente se qualche allievo venisse contagiato, la prospettiva di una massiccia diserzione è abbastanza reale. Sarebbe un disastro per la scuola, e soprattutto per l’immagine del Paese”
Al di là dunque delle possibili scuse per disertare le lezioni, Nordio riconosce che vi sono reali motivi per i quali i docenti hanno ragione di essere preoccupati, e non solo per i rischi legati al virus, che si possono controllare, ma soprattutto per quelli legati alla “responsabilità penale e civile, che traggono origine dalla vetustà della nostra legislazione e dal sostanziale disinteresse dello Stato nel tutelare i suoi collaboratori”.
Infatti, sottolinea Nordio, se per un verso un tempo i maestri e i professori avevano l’onere della vigilanza, dall’altro avevano pure il potere della correzione, vale a dire, “oggi, se un maestro bacchettasse un bambino, finirebbe dritto davanti al tribunale dell’infanzia, ed anche un innocuo rimprovero verbale susciterebbe le ire delle mamme e delle loro benemerite associazioni. Questo non significa che si debba reintrodurre il frustino. Significa che gli insegnanti hanno le stesse responsabilità di un tempo senza avere i poteri di impedire l’evento dannoso”.
Infatti, se un bambino si ammala a scuola, che succederebbe?
Precisare dove abbia contratto il virus sarà praticamente impossibile, mentre reale è il rischio della denuncia: “E poiché da noi non esiste sanzione per la denuncia temeraria, e molti avvocati si prestano a patrocinare anche le cause più incredibili nella speranza di qualche risarcimento transattivo, possiamo star certi che molti presidi e docenti riceveranno un’informazione di garanzia, subiranno lo stress di un’indagine e quello, anche più lacerante, delle spese legali. Qui lo Stato deve fare qualcosa subito. Anche se non può, per ragioni di tempo e di tecnica normativa, cambiare le leggi vetuste, può assicurare i suoi collaboratori che non subiranno nessuna conseguenza professionale da queste aggressioni giudiziarie, e soprattutto che sarà lui, lo Stato, a pagare le parcelle dei difensori”.
“I nostri codici, penale (del 1930) e civile (del 1942), prevedono infatti la responsabilità di chi vigila sui minori, se questi subiscono un danno mentre sono affidati alla loro tutela. Senonché all’epoca della promulgazione di queste norme – in pieno fascismo – all’onere di vigilanza era connesso il potere disciplinare, quello “ius corrigendi” che talvolta si estrinsecava in modeste pene corporali, come il righello del maestro o i sassolini dietro la lavagna.
Il potere degli insegnanti era virtualmente assoluto, e quasi sempre assistito dalla solidarietà degli stessi genitori”.
Dunque, conclude l’ex magistrato: “Sarebbe davvero paradossale se proprio adesso, mentre si avvertono segnali di ripresa, i primi sintomi di sgretolamento civile arrivassero proprio dalle categorie che, a titolo diverso, dovrebbero garantire la formazione dei ragazzi e la sicurezza di tutti. E sarebbe un oltraggio a quelle migliaia di medici e operatori sanitari che nei mesi passati hanno rischiato, e spesso sacrificato la vita, senza indugiare sui sofismi della privacy o delle competenze contrattuali”.
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