Sono svariate le motivazioni che possono portare uno studente lasciare gli studi anche prima dei 16 anni: sicuramente, alla base c’è quasi sempre un disagio familiare, ma ci sono anche dei fattori scolastici che possono influire. Uno di questi è la modalità di insegnamento, che quando troppo rigida e distante del ragazzo può favorire il processo di abbandono precoce dei banchi. È uno degli aspetti emerso dalla relazione su “La lotta alla dispersione scolastica: risorse e azioni intraprese per contrastare il fenomeno“, approvata dalla Sezione centrale di controllo della Corte dei Conti.
Nella scheda di sintesi della relazione si legge che “in Italia il tasso di dispersione scolastica è pari al 14,5%” a fronte del 10% che l’Ue ha chiesto ai Paesi membri di raggiungere entro il prossimo anno.
“In termini numerici, nella scuola secondaria di II grado, gli abbandoni complessivi nell’anno 2016 e nel passaggio fra l’anno 2016/2017 sono stati 112.240. Le risorse finanziarie stanziate ed erogate dallo Stato, negli anni 2012-2017, sono state di 218 milioni di euro. Rilevante ausilio è giunto dai fondi comunitari. Nel periodo di programmazione PON 2007-2013, il totale complessivo delle risorse finanziarie utilizzate per la lotta alla dispersione è stato pari a 309.690.333,10 euro. L’importo programmato per il periodo 2014/2020 è di euro 345.945.951”.
Quello della dispersione scolastica viene considerato un “fenomeno, di natura multifattoriale” e “viene ricollegato alle sue cause strutturali, endogene ed esogene. Le prime sono legate alla scarsa attrattività delle scuole, spesso prive di adeguate dotazioni didattiche e ludiche e con una didattica rigida, che poco tocca le corde motivazionali dell’alunno. Le seconde sono collegate alla povertà di molte zone d’Italia, in particolare i quartieri delle città metropolitane e i luoghi a forte rischio migratorio”.
Nella relazione, la Corte dei Conti appare ancora più esplicita: “Nel nostro Paese, ad una legislazione avanzata, non sono seguiti i risultati auspicati. Come già affermato nel documento conclusivo della Cabina di regia del Miur, i tassi di abbandoni elevati e i livelli modesti di conoscenza coincidono con le zone più povere d’Italia, con situazioni di criticità addensate nel Meridione”.
“In questo senso – continua l’organo di rilievo costituzionale- , manca un organico ed esaustivo piano di ristrutturazione: le scuole devono essere idonee come ambienti e dotate di materiale didattico che aumenti il patrimonio conoscitivo dell’alunno; lo aiuti in una sorta di “maieutica” in modo che i discenti possano scoprire in sé potenzialità innate o indotte ma sconosciute, tali da motivare e rafforzare il proprio senso di identità; sia inteso non solo come luogo di apprendimento, ma anche luogo di comunità e di esperienze di solidarietà”.
La Corte ricorda che “è tutt’ora assente un piano strategico nazionale organico, coordinato e condiviso tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo, per contrastare l’abbandono scolastico. Si avverte l’esigenza di un luogo di raccordo inter-istituzionale a garanzia di un progetto strutturale e complessivo. Pare opportuna la costituzione di un comitato di esperti, con competenze elevate nelle politiche e nei dispositivi di contrasto alla dispersione, profondi conoscitori delle metodologie organizzative e didattiche. In genere, l’attività di monitoraggio degli interventi educativi è complessa. Richiede procedure che, a partire da rilevazioni quali/quantitative, permettano di osservare e valutare in maniera sistematica e continua lo stato di avanzamento, gli esiti dei progetti, intervenendo con modifiche e aggiustamenti in corso”.
E ancora: “il contrasto di un fenomeno multifattoriale quale quello della dispersione – una volta definito e condiviso un modello interpretativo sistemico – necessita della messa in opera di strumenti per osservare l’andamento delle variabili e il loro evolversi nel tempo e nel territorio. Necessita un’implementazione il sistema di monitoraggio della spesa presso il Miur per restituire la conoscenza del quantum dell’investimento pubblico, riportando all’unitarietà la molteplicità di interventi finanziari utilizzati necessariamente in più direzioni”.
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