Troppi divieti a scuola? Non è vero, benché alcuni genitori si lamentino e protestino talvolta per i suoi presunti rigori; ma a guardare bene certe regole sono uguali a quelli imposti nei luoghi più importanti della Nazione, come i tribunali, i luoghi di culto, i consigli comunali. E se poi si fa pure un po’ di attenzione ci si accorge che in ogni parte del mondo queste stesse regole sono comuni in tutte le scuole, come l’uso del cellulare in classe, fumare, baciarsi, abbigliarsi adeguatamente e altre amenità che è sempre meglio non tollerare proprio per evitare che diventino regola. Ma soprattutto per comunicare che la scuola è diretta emanazione dello Stato che, finanziandola e promuovendo la crescita sociale e culturale dei suoi allievi, pretende tutto il rispetto dovuto alle sue istituzioni, e anche per questo non si tiene il berretto in classe.
Emana da qui la regola che l’utilizzo dei cellulari, degli smartphone e dei tablet non possa essere tollerato al di fuori dalla didattica, benché tutta la questione può essere disciplinata da ogni Istituto in totale autonomia.
In ogni caso il Garante della privacy, nel suo ultimo comunicato, esclude per esempio la possibilità che i telefonini possano essere utilizzati per fare foto o video, tranne il caso in cui si abbia il consenso scritto degli interessati o dei loro genitori se minorenni.
In alcune scuole è previsto persino il sequestro, ma ciò potrebbe avvenire solo se si verificasse un utilizzo illecito e quindi, per impedire che possa essere reiterato, il docente che lo toglie all’alunno dovrebbe restituirlo al termine della lezione. Potrebbe pure affidarlo in custodia alla scuola, al dirigente in questo caso o al suo delegato, ma per restituirlo subito dopo ai genitori come una circolare del ministero recita. Certamente il docente non può portarselo a casa.
Rischio multa invece per il fumo a scuola che è vietato per tutti i suoi frequentatori, esattamente come avviene in qualunque altro ufficio dello Stato o luogo pubblico. In talune scuole tuttavia, per venire incontro alle esigenze soprattutto dei docenti e del personale, si individuano luoghi precisi per dare fuoco al tabacco e ai polmoni.
Delicato è invece il divieto di andare in bagno durante le lezioni o soprattutto durante un compito scritto.
Oggettivamente il famoso compito in classe non è una prova ufficiale, come quello che si elabora durante gli esami di stato, per cui la faccenda appare controversa anche perché manca una disciplina adeguata; e nonostante alcune scuole approntino regole e regolamenti per impedire a un alunno di andare in bagno durante le lezioni, pochi docenti si assumono la responsabilità di negare l’espletamento dei bisogni dei ragazzi. Andare al bagno non può essere dunque vietato, benché ci sia pure un limite dettato dal buon senso e pure riconosciuto dallo Statuto degli Studenti e dalle Studentesse.
Altra controversia che spesso riempie le cronache dei giornali è quella relativa all’abbigliamento: minigonne e pantaloncini, seni e pettorali in bella mostra, sono tollerabili a scuola? Non c’è una regola definita, ma il luogo non pretende simili mostre “corporali”, come non li pretendono i luoghi preposti all’educazione e allo studio. Non è bigotteria certamente, ma la scuola pretende anche un suo formale riconoscimento istituzionale e che non la può fare dunque assimilare alle passerelle di moda o ai ritrovi delle discoteche. E’ una questione di educazione e di buon gusto e soprattutto di rispetto per ciò che la scuola rappresenta, tutte belle cose che però talvolta persino qualche professore/essa “bamboccione” trasgredisce allegramente.
E che dire poi dei baci e degli abbracci, delle effusioni e dei contorcimenti lungo i corridoi o dentro le aule? Tollerabile? Non del tutto, anche perché ci sono tanti altri posti per scambiarsi pruderie, mentre si ha l’impressione che la funzione didattica e formativa della scuola passi ad un secondo piano. L’aspetto singolare di tutti questi divieti imposti dalla scuola, e che dovrebbero essere condivisi da ciascuno, proprio per la missione educatrice e formatrice dell’Istruzione, sta nel fatto che il più delle volte vengano derisi da pezzi di opinione pubblica, come se presidi o docenti fossero emeriti bacchettoni del tutto avulsi dalla società, dimenticando invece che concorrono, con i dovuti limiti, al suo innalzamento morale e civile.
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