A partire dal 2018 chi vuole accedere all’insegnamento potrà partecipare a un concorso che avrà cadenza biennale e sarà aperto a tutti i laureati con la sola condizione di aver conseguito 24 crediti universitari in settori formativi psico-antropo-pedagogici o nelle metodologie didattiche. I vincitori incominceranno un percorso triennale di formazione, inserimento e tirocinio (Fit) che, se concluso con successo, porterà all’immissione in ruolo.
Durante i tre anni di formazione gli aspiranti insegnanti potranno acquisire le competenze e l’esperienza necessaria per una buona didattica; in più, se ben strutturato e sufficientemente selettivo, il processo di valutazione permetterà l’immissione in ruolo solo di coloro che sono in grado di garantire un adeguato livello qualitativo.
In pratica, scrive LaVoce.info, c’è da aspettarsi che la stragrande maggioranza degli ammessi concluda con successo il percorso formativo. E dunque il momento cruciale ed esclusivo per l’accesso alla professione sarà il concorso per l’ammissione al Fit. Ma se i numeri non saranno programmati su base nazionale, c’è il rischio che gli ammessi eccedano di gran lunga il fabbisogno.
E infatti, spiega LaVoce.info, se immaginiamo che in Italia vi siano 500mila studenti per ogni anno di nascita, usando una media generosa di dieci alunni per insegnante, ogni anno di scuola richiede circa 50mila insegnanti. Per i nostri dieci anni di scuola obbligatori ne servono dunque 500mila. Se si aggiungono i tre anni che concludono la scuola secondaria di secondo grado e si ignorano gli abbandoni arriviamo a 650mila insegnanti. Tenendo conto di bocciature e alunni con bisogni educativi speciali e anche che alcuni docenti insegnano a più classi, non siamo lontani dagli attuali 800mila prof in servizio
Se consideriamo poi, scive sempre LaVoce.info, una anzianità di servizio media di 40 anni, a regime serve un turnover di 20mila insegnanti all’anno. I dati del rapporto Anvur 2016 dicono che nel 2014 i laureati in materie letterarie sono stati 24.671, quelli in area della formazione 16.846, ai quali andrebbe sommata una frazione degli 8.415 laureati in aree scientifiche. Possiamo quindi concludere che su almeno 30-32mila aspiranti insegnanti per ogni coorte di laureati, a regime il sistema scolastico italiano è in grado di assorbirne poco più della metà.
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Il ministero però invece di iniziare virtuosamente sulla strada di una programmazione di medio-lungo periodo, ha preferito ripercorrere il vecchio vizio delle immissioni per sanatoria: ha infatti previsto una fase transitoria in cui si procederà all’assunzione di chi è ancora inserito nelle graduatorie a esaurimento (e quindi non ha superato il concorso) e in quelle prodottesi dopo il concorso del 2016; procedure concorsuali specifiche sono poi stabilite per coloro che hanno maturato lunghi periodi di insegnamento attraverso supplenze.
In sostanza, dopo quella del 2016, avremo tra poco un’altra consistente infornata di 60mila docenti cui potrebbero aggiungersi altri 20mila oggi nella terza fascia delle graduatorie a esaurimento.
Tutto ciò per una popolazione studentesca sostanzialmente stabile, se non in calo.
Di quanti insegnanti allora avremo bisogno nei prossimi anni? Qual è il numero medio di studenti per docente che si vuole raggiungere? Non dimentichiamo poi che l’eventuale programmazione deve considerare la distribuzione degli insegnanti sulle classi di concorso, per evitare il ripetersi dell’esperienza di quest’anno, con l’organico del potenziamento ampiamente popolato di docenti di arte o educazione fisica, ma senza quelli delle materie di base.
Migliorare la qualità della scuola italiana, conclude LaVoce.info, è certamente una priorità, per riuscire a farlo però non basta aumentare il numero dei docenti.
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