Oggi, 20 settembre, si è tenuto l’evento “Insieme per un futuro sostenibile: giovani e lavoro” di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group, durante il quale è stato presentato lo studio internazionale “Insieme per un futuro sostenibile: giovani e lavoro”.
Insieme ai vari esperti è intervenuto alla fine l’attore Giacomo Poretti, membro del famoso trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, insieme alla moglie, la psicoterapeuta e attrice Daniela Cristofori. Quest’ultimo ha parlato di lavoro e dell’alto numero di neet, persone che non studiano e non lavorano, in Italia.
“Prima il lavoro si trovava facilmente. Tutti vorrebbero fare gli influencer. Ma ci sono migliaia di persone che hanno sempre fatto e continuano a fare lavori umili”, ha detto.
Lo studio sui Neet
Nel corso della tavola rotonda, alla quale hanno partecipato Marco Leonardi, Professore ordinario di Economia presso l’Università degli Studi di Milano, Rossella Riccò, Responsabile Area Studi e Ricerche ODM Consulting, Alessandro Rosina, Professore ordinario di Demografia e Statistica Sociale presso l’Università Cattolica di Milano e Francesco Seghezzi, Presidente di Fondazione ADAPT sono emersi aspetti interessanti riguardo il rapporto tra scuola e lavoro.
Secondo gli esperti, che hanno ragionato sull’alto numero di Neet, persone che non studiano e non lavorano in Italia, sono deboli i legami tra scuola e lavoro. Le criticità sono molte: pochi giovani e poco margine di azione, scollamento tra scuola e lavoro, due mondi, lavoro nero, bassi salari e disparità di genere.
Quali responsabilità della scuola? Gli esperti hanno fatto notare che, nei Paesi in cui ci sono meno Neet, Olanda Germania e Svezia, c’è un decentramento di programmi scolastici, in Olanda, ad esempio, c’è un sistema duale che mette insieme percorso di studio e lavorativo. In Svezia c’è una professionalizzazione percorsi di studio, una stratificazione in senso verticale con percorsi scolastici più corti o più lunghi e tematiche diverse a livello orizzontale, per rispondere alle diverse propensioni. In questi Paesi c’è molta attenzione all’orientamento. In Italia c’è sicuramente un modello educativo molto trasmissivo.