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Troppi ricorsi, c’è qualcosa che non funziona nei rapporti Stato-cittadini

Nel corso della sua intervista a “Prima di tutto” (Rai), il ministro Maria Chara Carrozzo ha fatto una dichiarazione che merita qualche approfondimento: “Purtroppo – ha esordito su questo punto il Ministro – al Miur siamo abituati a ricevere ricorsi per ogni provvedimento, e’ la cosa che piu’ vorrei che cambiasse”.
E fin qui va tutto bene, ma poi Carrozza aggiunge: “C’e’ qualcosa che non va nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini”.
E questa è davvero una affermazione curiosa: il Ministro, pur senza dirlo esplicitamente, sembra quasi puntare il dito contro i cittadini che stanno lì a fare le pulci alla pubblica amministrazione. Forse, però, Maria Chiara Carozza dovrebbe prendersela con gli uffici preposti alle diverse procedure che, in non pochi casi, non rispettano le regole che, è bene ricordarlo, la stessa Pubblica Amministrazione si è data.
Gli esempi in proposito si sprecano.
Se le regole stabiliscono che prima di emanare il decreto sugli organici il Miur debba acquisire una serie di parere, si può anche ignorare la regola con la motivazione che “così si fa più in fretta”; ma ovviamente non si può impedire a un comitato di cittadini di chiedere alla giustizia amministrativa di fare chiarezza.
Nelle nomine del personale ci sono procedure da seguire, si può farne a meno per garantire la regolarità del servizio, ma se un precario presenta un ricorso perchè si sente leso in  un suo legittimo interese, non si può parlare di rapporti distorti fra cittadini e P.A.
Anche la vicenda dei contratti integrativi su assegnazioni provvisorie e utilizzazioni è emblematica: si ritarda la firma dell’intesa definitiva perché la bozza del contratto resta ferma nei cassetti del Miur per troppo tempo e poi si vuole scaricare la responsabilità sui ricorrenti ?
Insomma, il Ministro sembra confondere la causa con gli effetti e la cosa non sarebbe di per sè gravissima: peccato, però, che Carrozza sia laureata in fisica, scienza che si occupa appunto dei rapporti fra causa ed effetto.
E comunque il Ministro conclude: “Serve un salto di qualità: bisogna semplificare le regole rendendole meno attaccabili e più eque, ma bisogna anche imparare ad accettare gli esiti dei concorsi, il ricorso non deve essere la soluzione”.
Può darsi che il Ministro abbia ragione da vendere, ma allo stato attuale delle cose le regole esistenti – anche se non sono particolarmente efficaci – dovrebbero essere rispettate da tutti, amministrazione compresa.

Reginaldo Palermo

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