Qualche giorno fa abbiamo parlato del caso delle quattro famiglie che hanno chiesto alla scuola, un istituto di Bari, il cambio classe per i loro figli per evitare che stessero a contatto con alunni “stranieri”. Il dirigente scolastico li ha invitati a cambiare scuola.
Il preside ha rilasciato alcune dichiarazioni a Fanpage.it, ribadendo la sua convinzione: “Non mi interessa ricordarlo, per me nessun bambino è straniero. Ci sono troppi muri ancora da abbattere”, ha detto. “Sono convinto che i sentimenti vadano educati. Ho provato a farli ragionare, a spiegare loro che siamo tutti discendenti da emigranti e che essere stranieri non è una malattia”.
“Bisogna educare ogni giorno il proprio cuore all’altro. Se questo non avviene, ci si trova a dialogare con anime povere e questo, purtroppo, influenza i bambini. Per me nessun alunno è straniero, è una parola che a scuola non esiste”, ha aggiunto.
Ed ecco un aspetto preoccupante: “Nella mia carriera ho incontrato anche famiglie inspiegabilmente preoccupate per la presenza di bambini disabili in classe. Quando mi chiedono quanti bambini disabili ci siano nelle classi, io rispondo sempre: ‘Nessuno. Forse l’unico sono io'”.
“Ai ragazzini delle scuole medie ho voluto insegnare cosa vuol dire darsi agli altri. Credo sia molto importante, perché per capire il mondo bisogna ascoltarlo e per ascoltare davvero bisogna aprirsi, essere disponibili. I ragazzi vanno educati, è vero, ma è importante anche che noi adulti rendiamo questo mondo migliore. L’educazione dei nostri figli, senza l’apertura del mondo, sarebbe inutile. Se educo alla perfezione mio figlio, quando uscirà dalle mura domestiche troverà un mondo di squali. A quel punto penserà che la sua educazione e la sua empatia non abbiano senso. Se non rendiamo il mondo un posto migliore e ragionevole, tanto vale educare i nostri figli ad essere squali in un mondo di squali. La società deve essere migliore per tutti e dobbiamo dare l’input tutti i giorni con il nostro esempio. La scuola non scenderà mai a compromessi del genere, di questo sono convinto. Dobbiamo educare le persone, a prescindere dal sesso, dalle origini, dalla lingua e dalle classi sociali. Per me le persone sono persone e basta”, ha aggiunto il dirigente scolastico.
“Mio figlio non può stare in classe con uno ‘gnoro’”, avrebbe confessato una mamma al preside. Il dirigente ha detto così ai giornalisti: “Leggete questa colonna: sono tutti nati a Bari”. Insomma, si tratta di bambini che sono italiani come gli altri. In ogni caso, stare vicino ad uno “straniero” non dovrebbe essere un problema.
“Guarda quei bambini che si rincorrono nel cortile”, ha fatto notare il preside indicandoli. “Pensi che a loro importi se l’altro abbia la pelle, i capelli o qualche altro tratto differente?”. I quattro bambini facevano parte della stessa classe, una prima della scuola elementare con un folto numero di alunni originari dell’Africa occidentale e del sud-asiatico. Bambini di cinque o sei anni. Dopo il primo giorno di scuola, i genitori, famiglie dalla bassa scolarizzazione, hanno chiesto subito il trasferimento in un’altra classe.
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