Troppi tagli di ore, per la prof di italiano impossibile bocciare
Per far ripetere l’anno scolastico ad un alunno bisogna sempre essere sicuri di avergli cercato di trasmettere un’offerta formativa adeguata. In caso contrario non bisognerebbe prendere in considerazione l’eventualità della ripetizione dell’anno, ma proporre al Consiglio di Classe solamente voti positivi, dalla sufficienza in su. Ad esserne convinta è un’insegnante di italiano, in servizio presso un istituto superiore di Torino, il cui ragionamento è presto detto. Poiché nell’ultimo biennio ad una seconda classe della docente sono state sottratte ben “5 ore settimanali, in conseguenza della riduzione delle ore e dell’annullamento delle compresenze che hanno coinvolto la disciplina con la riforma Gelmini”, la prof ha espresso nero su bianco “la propria indisponibilità a considerare la bocciatura degli alunni come opzione da prendere in considerazione per la propria materia”.
Ciò perché a seguito di questa “riduzione delle ore, i tempi di apprendimento risultano inadeguati al conseguimento degli obiettivi minimi da parte di tutti gli allievi, non per particolari problematiche cognitive o comportamentali di questi ultimi, non per mancanza di interesse o impegno per la gran parte di essi, ma per l’impossibilità in tale situazione di coinvolgere tutti i ragazzi, in tempi ragionevoli, nella esercitazione e nell’apprendimento delle varie abilità linguistiche”.
Prendo ad esempio l’abilità di lettura e comprensione dei testi: in un’ora di lezione è ipotizzabile riuscire a coinvolgere in modo significativo alcuni ( 5,6..?) alunni per guidarli nell’analisi del testo, nell’acquisizione della tecnica di lettura e verificarne capacità e difficoltà individuali.
I test somministrati a tutta la classe possono essere certo uno strumento di verifica dell’apprendimento, non il percorso per acquisire capacità di analisi dei messaggi.
La docente ha calcolato che per la classe, composta da 25 alunni, le 5 ore settimanali rimanenti permettono di dedicargli “una media di 12 minuti per ciascun allievo alla settimana”. E francamente sembra un po’ poco “per svolgere quell’insegnamento ‘individualizzato’ di cui parlano ancora i programmi ministeriali”.
Una mancanza di tempo e di attenzione oggettiva, peraltro, che non può di certo essere sopperita dalle “sei ore (tre incontri) di attività di recupero disciplinare extracurricolare assegnate nel corrente anno scolastico”.
L’insegnante di italiano, quindi, ha deciso di non voler “prendere in considerazione la possibilità di far ripetere l’anno a ragazzi che avrebbero diritto di avere un percorso disciplinare degno di questo nome e, aspetto importante, compresenze che sono state spazzate via, ma che garantivano in modo sufficiente un lavoro didattico di potenziamento e di recupero per ragazzi che sono naturalmente diversi nelle capacità di apprendimento”.
Una problematica, quella del venire meno delle preziose ore di copresenza, che di recente è stata avvertita anche dai docenti delle scuole primarie. Dove, per la prima volta dopo diversi anni, il docente curricolare rimasto solo riesce difficilmente a creare in perfetta solitudine sottogruppi e programmi di apprendimento personalizzati. Programmi che, quindi, tornando alla prof di Torino, non si possono nemmeno poi chiedere agli alunni. Che così ha deciso di rifugiarsi in una sorta di obiezione di coscienza.