Dopo il caso della preside dell’istituto comprensivo Giovanni Falcone dello zen di Palermo, Daniela Lo Verde, arrestata per peculato e corruzione, un’altra scuola del capoluogo siciliano è finita nel mirino dei procuratori europei. Si tratta dell’Alessandro Volta. Lo riporta Ansa.
Le indagini, in questo caso, si sono concentrate su alcuni lavori di manutenzione dell’edificio scolastico, che sarebbero state spesso soltanto ‘sulla carta’ e non realmente eseguite, creando pericolo per gli studenti. Questo quanto contestato a tre imprenditori edili i procuratori europei Gery Ferrara e Amelia Luise, delegati dell’European public prosecutor’s office, su indagini dei carabinieri del nucleo investigativo.
Si tratta degli stessi procuratori che hanno seguito il caso della Lo Verde. Nei confronti dei tre indagati militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal gip che ipotizza il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari per i tre.
Come riporta il quotidiano locale LiveSicilia, l’indagine ha fotografato il periodo novembre 2021-giugno 2022. Gli indagati sono stati controllati e pedinati. Per riscontrare le accuse i militari hanno eseguito dei sopralluoghi in cantiere.
Gli imprenditori “attraverso il metodo dei ‘subappalti a cascata’ e delle fatturazioni fittizie, attraverso il risparmio o il mancato utilizzo di materiale, la mancata o incompleta realizzazione delle opere contabilizzate” – sottolineano gli investigatori – avrebbero ottenuto “ingiusti profitti in danno del buon esito di progetti di ristrutturazione dell’edilizia scolastica finanziati dall’Unione europea, della sicurezza tecnico-strutturale delle opere stesse nonché quella dei loro fruitori”.
Alcuni lavori sono stati eseguiti “artigianalmente” e non da maestranze specializzate che potessero certificarli. Ad esempio le porte antincendio, sarebbero state “installate su telai non conformi e con meccanismi di sblocco non efficienti”. Il “massetto dei servizi igienici (la superficiale del supporto sul quale verrà eseguita, in un secondo momento, la posa della pavimentazione) è fatturato per intero, ma di fatto realizzato solo sulla carta, così come sulla carta risultava il montaggio di materiale regolarmente spesato e mai consegnato”. Contestualmente all’esecuzione delle misure personali sono stati sequestrati 140 mila euro, frutto di una “quantificazione preliminare dell’illecito profitto”.
Caso simile a quello della Lo Verde
Nel frattempo la vicenda giudiziaria relativa alla Lo Verde prosegue. Come riporta Ansa, lo scorso 12 maggio, il tribunale del Riesame di Palermo ha confermato gli arresti domiciliari per la preside della scuola dello zen. Si tratta di una decisione arrivata in tempi record, a poche ore dalla discussione delle parti, che accoglie l’istanza della Procura Europea e rigetta la richiesta di revoca della misura avanzata dai legali dei due indagati.
Secondo quanto riporta Il Giornale di Sicilia, inoltre, sono emersi ulteriori aspetti di cui la dirigente dovà rispondere. Questa avrebbe nominato la figlia responsabile del trattamento dei dati personali della scuola e avrebbe fatto iscrivere falsamente all’istituto Falcone dello Zen una parente disabile e la figlia del suo vice – che in realtà non avrebbero mai frequentato – per aumentare il numero degli studenti e avere più finanziamenti.
Altri docenti si sono fatti avanti
Nel frattempo la docente che ha denunciato quello che è sembrato essere un collaudato modus operandi della preside, almeno così dicono le intercettazioni, che non lavora più nell’istituto, è stata presa di mira da ignoti: la donna è stata minacciata per strada, da un uomo con il volto coperto a bordo di un monopattino, che le si è affiancato improvvisamente.
Dopo la notizia dell’esecuzione della misura cautelare a carico della Lo Verde e del suo vice sono molti gli insegnanti che si sono fatti avanti e hanno confermato ai pm della Procura Europea Amelia Luise e Gery Ferrara le irregolarità commesse dai due indagati. L’ex professoressa ha raccontato agli inquirenti di una “gestione dispotica della cosa pubblica da parte dell’indagata”, scrisse il gip nella misura cautelare, gestione che era impossibile contrastare salvo correre il rischio di ritorsioni. L’insegnante ha descritto la dirigente come “avvezza alla violazione delle regole”.