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Trump e la scuola: quale il suo programma?

L’obiettivo di Donald Trump, di fare tornare grande l’America, dovrebbe passare pure attraverso l’istruzione e la cultura, e dunque apportando contenuti e progettualità di diversa natura all’interno della scuola e dell’università degli Usa.

Dunque, sconfitta la sua rivale democratica con uno scarto di voti non immaginabile, sulla base dei sondaggi (con cui si dimostra la loro inaffidabilità), secondo molti osservatori, che sono andati alla ricerca del suo programma elettorale  per capire come intenderebbe muoversi sul versante delicato dell’istruzione, tendono a sostenere che il perno della politica di Trump sarà quello di trascurare la scuola pubblica, frequentata dalle classi meno abbienti, per favorire quella dei privati.

Il suo piano sarebbe racchiuso  nella cosiddetta “Agenda 47” dove sono descritti  i punti del programma elettorale del Tycoon, con azioni e misure che passano per la scuola e l’istruzione.

Trump, secondo quanto gli esperti cercano di capire, promette di rivoluzionare il sistema educativo americano, con una visione legata al libero mercato, al potere decisionale dei genitori, ai valori patriottici e alle competenze pratiche. Che tutto significa e nulla nello stesso tempo, se non si esaminano nel dettaglio.  

Infatti la sua amministrazione punterebbe su una maggior responsabilizzazione dei genitori ai quali sarebbe affidato il potere di eleggere e licenziare insegnanti e dirigenti scolastici che ritengano inadeguati. Che sembra una follia, anche perché si darebbe per scontato che i genitori sarebbero in grado, non solo di avere certe competenze di giudizio, ma anche  di capire cosa e chi è adeguato e cosa e chi non lo è. 

In ogni caso disporrebbero di nuove facoltà che entrerebbero inserite nella nuova “Carta dei diritti dei genitori”, la quale garantirà più trasparenza sui programmi scolastici dei figli. In pratica nel programma di Trump si punterebbe a una maggior competizione tra istituti, grazie appunto a questi meccanismi, e ad offrire nello stesso tempo più libertà di scelta alle famiglie grazie alla “Universal School Choice”. È questa un incentivo per favorire le deduzioni fiscali per le spese scolastiche e pure un fondo per elargire rimesse  pubbliche ai genitori che voglio iscrivere i figli presso istituti privati, di modo che le famiglie ad alto reddito possano avere un ulteriore beneficio. 

In pratica Trump promuoverebbe l’uso dei voucher con fondi pubblici attraverso i quali le famiglie possono iscrivere i figli in scuole private, incluse quelle religiose.

E come ogni amministrazione conservatrice, si vorrebbe potenziare l’istruzione professionale e tecnica per rafforzare l’economia americana che, come è noto, ha subito qualche contraccolpo di natura occupazione, che ha fatto impennare l’inflazione, per cui sarebbero previsti investimenti in programmi di formazione per avviare i giovani a carriere in settori come l’industria, la tecnologia e l’artigianato, con l’intento di rispondere alla carenza di lavoratori qualificati negli Stati Uniti.

Ma non tralascerebbe il programma di Trump nemmeno gli insegnanti che  dovranno aderire ai valori patriottici americani e non tanto a parole quanto con una precisa certificazione gestita da una agenzia creata ad hoc. 

Ma non solo, sembra pure che verrebbe introdotto il “merit pay“, uno stipendio per gli insegnanti legato ai risultati conseguiti dagli allievi durante gli esami e nei test. Questo stratagemma è stato adottato anche dall’amministrazione Obama (quando fece un investimento sulla scuola che non ha precedenti nella storia americana), indicando fra gli obiettivi dell’istruzione la valutazione degli insegnanti e l’aggancio delle loro retribuzioni alle performance degli alunni.

Dunque, Trump da un lato sembra voglia incentivare i docenti a raggiungere standard qualitativi di insegnamento sempre più elevati, dall’altro nulla toglie che si possano avvantaggiare le scuole private o quelle in cui la popolazione studentesca è più preparata.

Inoltre, ci sarebbe anche il pericolo di innescare una eccessiva competizione tra insegnanti, che potrebbe rivelarsi controproducente, perfino nel rilasciare promozioni senza alcun merito.

Sulle armi a scuola, la politica del Tycoon è ben nota, con il favorire e sostenere senza esitazione il porto d’armi per insegnanti ai quali verrebbe garantita un adeguato addestramento.

Sarebbe pure prevista l’espulsione immediata per studenti che commettono atti di violenza o possiedono droghe, e si punta all’insegnamento di conoscenze e competenze pratiche, con materie come lettura, scrittura, matematica e scienze, che siano soprattutto lontane dalla “propaganda di sinistra” e dall’”indottrinamento di genere“, come scritto nel manifesto, quindi evitando “argomenti razziali, sessuali e politici inappropriati”.

Pasquale Almirante

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