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Tubercolosi: in Italia 100 nuovi casi l’anno tra gli under cinque

La tubercolosi non è una malattia sconfitta. Nemmeno in Italia dove i più a rischio sono i bambini, particolarmente vulnerabili alla cosiddetta tubercolosi d’importazione. Il dato è stato reso noto il 24 marzo durante la Giornata mondiale della tubercolosi.
Non si può di certo parlare di allarme, ma nemmeno si può allentare la guardia: tra il 2000 ed il 2007 nel nostro Paese si sono infatti registrati circa 35.000 nuovi casi di tubercolosi, una media di 4.700 l’anno, e di questi il 46% è riferito a stranieri. Secondo la dottoressa Stefania Salmaso, Direttore del Centro nazionale di Epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità “per qualche anno si era pensato che la tubercolosi fosse scomparsa in Italia, ma non è vero: ci dobbiamo fare ancora i conti”.
Nel secolo scorso erano state 100 milioni le persone a perdere la vita per tubercolosi, ma poi dalla seconda metà del Novecento agli anni Ottanta si è registrata una progressiva diminuzione di frequenza di nuovi casi. Che invece negli ultimi vent’anni sembra però essersi stabilizzata: “quello che secondo noi merita attenzione – dice l’esperto di Tbc – è che ogni anno ci sono 100 nuovi casi nei bambini sotto i cinque anni età, nati in Italia: è un dato preoccupante, perchè in un Paese in cui il rischio di infettarsi è ridotto il numero di casi di malati tra i bambini dovrebbe essere ugualmente in diminuzione”.
Salmaso è convinta che “un ulteriore motivo di preoccupazione è che i medici italiani possono non prendere in considerazione la tubercolosi come patologia in atto in soggetti di età così giovane. Inoltre la tubercolosi richiede un lungo periodo di terapia: può succedere che il paziente i cui sintomi migliorano non completi il trattamento. In questo modo un miglioramento dei sintomi potrebbe invece comportare il mantenimento della malattia, che può anche peggiorare e mantenersi contagiosa”.
Anche il mondo della scuola potrebbe fare di più: “a scuola – sottolinea il Direttore – sarebbe sufficiente avere una buona sorveglianza clinica sui sintomi per identificare i malati e poi intervenire immediatamente: spesso però – continua – tutto è rallentato dal fatto che la tubercolosi non viene presa in considerazione o l’adesione al trattamento poco monitorata”.
A proposito di una eventuale “mappatura” regionale della malattia in Italia, Salmaso spiega che questa “è fortemente dipendente dal grado di sensibilità dei sistemi di sorveglianza nelle singole Regioni. La maggior parte dei casi segnalati ufficialmente, ad esempio, è in Emilia Romagna ed in Lombardia. Quelle sono le regioni con la presenza più alta di stranieri, ma anche quelle con maggiore sensibilità del sistema di notifica in generale”.
Complessivamente, in base al nuovo rapporto dell’Oms “2009 Global TB Control Report”, il numero totale di nuovi casi di tubercolosi nel mondo è rimasto stabile rispetto al 2007 e la percentuale della popolazione mondiale che si è ammalata di Tbc ha continuato lentamente a diminuire, come era stato già osservato nel 2004.

A livello mondiale i casi maggiori di tbc si concentrano in 22 Paesi, tutti a basso o medio reddito. E nell’Africa subsahariana la situazione si fa davvero critica, perché c’è anche un’alta prevalenza di Hiv. Il rapporto rivela infatti che un decesso su quattro dovuto alla tubercolosi è associato all’infezione Hiv, più di quanto si era previsto. Nel 2007 secondo le stime, i nuovi casi di tubercolosi tra gli infettati dal virus dell’Aids erano 1,37 milioni e 456.000 le morti.

Alessandro Giuliani

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