I lettori ci scrivono

Tutela per gli insegnanti di sostegno

Sono un’insegnante di sostegno precaria, specializzata a seguito di un regolare TFA svolto in Italia che, se sarà fortunata, sarà stabilizzata nel 2030. Al di là di ogni possibile argomentazione sul paradosso di questa situazione, mi chiedo come sia possibile che, nell’ambito della campagna di vaccinazione contro il COVID-19, piuttosto che porre l’attenzione sul rischio al quale un lavoratore è concretamente esposto, si intenda seguire un semplice criterio anagrafico.

Premesso che siamo tutti a rischio contagio e che l’insegnante di sostegno secondo una bellissima teoria (che resta tale) è docente della classe e non del singolo alunno, ritengo che questa categoria sia maggiormente esposta: chi segue un discente con una programmazione differenziata, per esempio, non può mantenere la distanza di sicurezza e, in certuni casi, lo stesso non è tenuto ad indossare la mascherina.

Le scuole forniscono al personale docente delle semplici mascherine chirurgiche che non proteggono colui che le indossa. In questo periodo storico, condividere il banco con un ragazzo che necessita di particolari forme di assistenza, all’interno di una classe che di per sé è formata da 25/30 alunni, non fa di certo lavorare in serenità e, di sicuro, non fa sentire gli insegnanti tutelati nello svolgimento della propria attività lavorativa.

E’ lecito chiedersi, inoltre, come un precario con contratto in scadenza al 30 giugno, possa ricevere il vaccino nel mese di luglio, quando ufficialmente non farà neanche più parte del personale scolastico. Il docente è ormai una figura bistrattata e, soprattutto per quel che concerne il sostegno, rappresenta spesso per gli stessi insegnanti un piano B o un escamotage per tornare nella propria regione di appartenenza, complici iter selettivi inesistenti o abilitazioni estere.

Non si cerca più una figura preparata, bensì esclusivamente titolata, finendo per porre le basi per una scuola della speculazione. Nella realtà, insegnare dovrebbe essere una vocazione e, parimenti, la motivazione a recarsi a scuola ogni mattina dovrebbe essere imprescindibile. Lo scenario futuro più probabile è che anche l’insegnante più volenteroso e capace perda ogni stimolo a fare il proprio lavoro e le istituzioni ne saranno la causa principale.

Non possono esistere studenti opportunamente formati senza un personale docente felice di poter apportare il proprio contributo allo sviluppo culturale delle nuove generazioni e che, invece, viene puntualmente ignorato nelle sue necessità.

Federica Sergi

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