Categorie: Politica scolastica

Tutte le principali criticità del Ddl scuola secondo Fratelli d’Italia/AN

L’Aula della Camera ha dato il via libera al Ddl scuola, una “Rifoma” che mentre veniva approvata, vedeva gremita la piazza di Montecitorio da parte di tutte le componenti della comunità scolastica, rappresentate tutte le sigle sindacali insieme ad una moltitudine di persone autoconvocatesi spontaneamente: docenti, famiglie, studenti.  

Nell’emiciclo si sono ripetuti invano gli appelli al Governo, da parte delle opposizioni ad ascoltare  quanto perviene da tempo dalle ripetute proteste corali e partecipate del mondo della scuola. E si distingue quella del capogruppo Fdi An Fabio Rampelli, costretto, vista la sordità del Ministro e del sottosegretario presenti, ad esprimere la sua protesta, oltre che nel merito, con un sentito intervento, anche alzando una lavagnetta  con scritto “Renzi Bocciato”.
In un comunicato afferma che: “la scuola non deve essere buona ma giusta: non è zucchero filato. Altro che piano assunzionale, questo è un piano licenziamenti”.   
Vorremmo rispondere a quelle che riteniamo non essere assolutamente delle novità nel Ddl,  presentate come tali in un articolo pubblicato sul vostro sito, ma come delle evidenti criticità:

Piano di offerta formativa

Il Piano di offerta formativa nella nuova versione del ddl approvato dall’aula, rispetto alla prima stesura, anzichè essere redatto dal solo dirigente scolastico, viene coinvolto il collegio dei docenti e viene approvato dal consiglio di circolo o di istituto. In realtà si torna alla previsione normativa vigente e la “novità” consiste, apparentemente, nella triennalità del piano. Triennalità che sarà però solo virtuale, tanto è che nelle modifiche apportate, viene non a caso definito “rivedibile annualmente” perchè vincolato alle risorse del Miur. Complicherà solo il lavoro degli addetti ai lavori della scuola.

Classi pollaio e offerta formativa (Nuove materie), Edilizia scolastia.

Non è stato definito assolutamente un cambiamento della norma che prevede il numero di alunni per classi. Il ddl recitava “la possibilità di ridurre il numero degli alunni per classe dovrà, parimenti, nel rispetto del limite sulla dotazione organica prevista, comportare un aumento di tale limite in altre classi”, ovvero traducendo il burocratese, la coperta è corta, si tira da un’altra parte, a parità di classi costituite.
Nella nuova previsione non viene esplicitato il numero minimo per la formazione delle classi
(“rimodulazione del monte ore rispetto a quanto indicato al decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009“).
Per quanto riguarda il “potenziamento” dell’offerta formativa con un elenco lunghissimo di materie da poter inserire nel curriculum, tra cui la famosa storia dell’arte, la musica ecc, ricordiamo che questo è già previsto dalla legge vigente dell’autonomia scolastica. Diverso sarebbe stato poter affidare alle scuole poteri di vera flessibilità, potendo semmai togliere qualche materia per aggiungerne di queste elencate.
Ma i programmi rimangono invariati, e possono essere promosse attività progettuali come ogni scuola ha sempre potuto e voluto attuare nel proprio Pof.
Anche grazie alla collaborazione degli Enti locali virtuosi come avvenuto a Roma ad es. nel biennio 2008-2010 con i progetti dell’assessorato alla scuola a guida centro destra( lingua L2 per stranieri , progetto “fratelli d’italia scuole di solidarietà, i “Ludi motorii” per l’educazione motoria alle primarie, “menu regionali” progetto di educazione alimentare, ecc.). 
Il bullismo, ad es. come tante altre attività, può anche oggi essere contrastato utilizzando i  fondi 285 per la dispersione scolastica o con i fondi delle scuole o la compartecipazione dei privati .
Peccato che la legge citata non venga adeguatamente rifinanziata ed anche i finanziamenti della legge 440 sull’autonomia scolastica sono sempre più ridotti, e recentemente falcidiati anche dalla legge di stabilità del 2014. Anche qui quindi solo parole. Niente fatti.  Il Def, a cui è stato legato questo ddl, destina la spesa per l’istruzione al 3.5% del Pil calando dal 3.7 quindi al 3,5 rimanendo lontani dalla media europea che ammonta al 5.7%.
Questo ddl è senza reali coperture. Per l’edilizia scolastica si prevedono solo 40 milioni per il monitoraggio degli edifici scolastici, il resto dei fondi sono un recupero di risorse stanziate da precedenti governi e non spese e fondi europei non utilizzati.
Il sottosegretario Faraone si era impegnato a pubblicare l’anagrafe sull’edilizia scolastica dopo i fatti di Ostuni ma il MIUR ancora non rispetta i termini dettati da una sentenza del Consiglio di Stato ed il Tar del Lazio dei mesi scorsi.

Educazione fisica anche alla scuola primaria

Sono stati bocciati gli emendamenti di Fdi An, in risposta all’appello pubblicato anche dal vostro sito delle associazioni professionali, per garantire in modo più stringente l’inserimento stabile della figura specializzata dell’insegnante di educazione fisica.
Nel testo attuale non viene garantita dalle procedure proposte, che prevedono la priorità alla scelta del sostegno, possibilità che possiedono il 30 per cento di docenti che insegnano questa materia. Il Governo si è “impegnato” a istituire una apposita classe di concorso per specialisti EF per la scuola primaria. Solo dopo le immissioni in ruolo potremmo valutare se davvero saranno garantiti alle scuole primarie queste figure che sono importanti ed una priorità per prevenire l’obesità infantile, il bullismo e l’educazione alle regole attraverso il gioco, per favorire lo sviluppo cognitivo e psicofisico del bambino che inizia dall’esplorazione del proprio corpo e dello spazio. Una anomalia tutta italiana da sanare.

Finanziamenti privati, 5%, detraibilità e scuole paritarie

Sul tema della detraibilità siamo contro i pregiudizi ideologici rispetto la partecipazione al sistema pubblico a tutti gli effetti delle scuole paritarie e la garanzia per le famiglie di una libertà di scelta.
Ma è il Governo che alimenta tali contrapposizioni quando sulla scuola pubblica non destina risorse aggiuntive, casomai le taglia per autofinanziare una cosiddetta riforma ed in sostanza le assunzioni. Casomai sarebbe stato più opportuno in questo momento assicurare la defiscalizzazione alla scuola dell’infanzia ove lo Stato non assicura l’offerta generalizzata. Contraddittorio il caso dell’azzeramento del punteggio sul servizio dei docenti nelle scuole paritarie che rischierà di creare a inizio anno scolastico un fenomeno di  “migrazione” presso le scuole pubbliche.
Sui fondi destinati a specifiche scuole è stato sventato il 5% che avrebbe rischiato di creare scuole di serie A e B per la natura del provvedimento che privilegiava la destinazione dei fondi sulle scuole scelte dalle famiglie che potevano privilegiare contesti socioeconomici più fortunati.

Alternanza scuola lavoro

Aggiungiamo questo punto scritto sulla lavagna da Renzi ma inserito grazie alla Riforma Moratti e dunque non è una novità, mentre la criticità risiede nell’aumento fino a 400 ore, ed inserite nei licei 200, che rischiano di comprimere il curricolo degli studenti. La visione renziana aziendalista della scuola si esplica in tutta chiarezza anche attraverso la visione che la disoccupazione dipende dalla scuola e non casomai dalle mancate politiche occupazionali del Governo. Inoltre si fa anche confusione con la dispersione scolastica anch’essa derivante anche e soprattutto da condizioni socioeconomiche delle famiglie dei ragazzi. Sull’avviamento al lavoro vanno promossi provvedimenti auspicati dalle categorie produttive come la messa a sistema della formazione professionale regionale e dei loro finanziamenti, con il sistema d’istruzione tecnica statale.

 

Preside sceriffo, assunzioni, 36 mesi, aggiornamento merito, Carta docente

La vera criticità riguarda il nuovo impianto delle assunzioni. Intanto i veri numeri. Si promettevano 150 mila, ora 100 mila scarsi, e il turn over sappiamo avvicinarsi a circa 55.000. Quindi parliamo di meno della metà propagandata. E vengono presi dalle Gae e dal 2016 dagli iscritti delle GM. Su questo criterio di scelta ci torniamo subito dopo. Intanto capiamo la vera novità dell’immissione in ruolo: per la prima volta i nuovi assunti, non verranno assegnati ad una sede scolastica, ma verranno “individuati” da un “albo territoriale regionale”, da un dirigente scolastico,  con contratto rinnovabile triennalmente, in base non più ad una graduatoria trasparente fatta di punteggi maturati con titoli e servizio. Ma in base ad un cv o un colloquio. Sembra incredibile ma è vero. La Puglisi, responsabile PD Scuola, storicamente sempre schierata contro questa procedura, si è sempre affannata a dichiarare che non assomiglia alla “chiamata Aprea”, prevista dal ddl proposto dal precedente governo di centro destra. Che prevedeva casomai un concorso pubblico di reti di scuole locale e non nazionale, per la scelta dei docenti.
La verità è che si tratta di una chiamata diretta vera e propria che precarizza e mortifica la docenza e potrebbe determinare livelli qualitativi diversi nel potenziale formativo delle varie scuole nella lotta all’accaparramento dei docenti migliori. E mina la libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione. Per non parlare delle degenerazioni viste già nel sistema universitario di questo sistema. I dirigenti tra l’altro avevano già abbastanza competenze e oneri, casomai da riconoscere nella equiparazione alla dirigenza della PA. Non crediamo che stiano festeggiando questo nuovo onere e competenza assegnatagli.

Per quanto riguarda l’assicurazione delle assunzioni, anche in caso di non scelta o inerzia del dirigente, Il Miur assicura per tutti il collocamento secondo il fabbisogno. Ma ad oggi il monitoraggio sul fabbisogno non è stato mai fornito. E nel frattempo la commissione bilancio ha vietato le supplenze di tali docenti.
E se il docente richiesto non viene proprio trovato nell’albo, come potrebbe accadere per classi di concorso dove le Gae sono esaurite, come la matematica, il dirigente dovrà rinunciare nel Pof al “potenziamento” di questa materia. Un altro motivo in più a favore dell’immissione in ruolo dei docenti abilitati che assicurano la copertura di tutte le classi di concorso.
Veniamo infatti al punto degli esclusi. Il piano delle assunzioni crea una disparità di trattamento che esclude i docenti abilitati dopo la chiusura delle Gae, inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto per i quali il Governo prevede la possibilità di accedere solo tramite un concorso di cui, tra l’altro, non si ha nemmeno sicurezza nè sui tempi nè sulle coperture economiche. 
Il combinato disposto con l’art 14 rende la situazione ancora più inaccettabile. L’articolo prevede che allo scadere dei 36 mesi di servizio, i docenti non potranno più lavorare ed essere dunque chiamati dai dirigenti per non incorrere nell’abuso della reiterazione della supplenza denunciata dalla UE. Il Governo assicura che potranno continuare a lavorare, ma ha solo rimandato il problema non rendendo retroattivi i 36 mesi ma facendoli decorrere a partire dall’entrata in vigore della legge sulla Buona Scuola. Eventualità che unita alla possibilità di non poter vincere un concorso profila lo scenario drammatico di un vero e proprio licenziamento dal mondo della scuola di persone che finora ne hanno assicurato con passione e dedizione il funzionamento. Corsi costosi sostenuti presso sedi universitarie, esami alla presenza di funzionari pubblici del Miur vengono vanificati e gettano nella più dolorosa disperazione migliaia di precari.
Giorgia Meloni su questo tema ha presentato insieme a Fabio Rampelli un ordine del giorno per impegnare il Governo a sventare questo scenario ma insieme a tanti altri suggerimenti,  sono stati ignorati. Doverosamente doveva essere prevista una fase transitoria, come proposto dai nostri emendamenti, che attraverso un piano di assunzioni pluriennale per titoli permettesse l’immissione in ruolo per tali docenti. Anche in vista del pensionamento di oltre 300000 docenti. Questa disparità viola gli articoli 4 e 51 della costituzione nonchè la direttiva europea 2005/36/CE che equipara tutti i titoli abilitanti.
Per finire il quadro il dirigente che assume e rinnova i contratti o licenzia, può anche premiare i docenti. Con la versione edulcorata, o meglio peggiorata dal ddl appena approvato, della collaborazione di un “comitato di valutazione”. Il premio consiste in un bonus di aumento di reddito che in percentuale può essere assegnato ai docenti ritenuti in base a diversi criteri, più meritevoli. Il protagonismo degli studenti o dei genitori va incentivato ma affidare a loro il compito di assegnare una premialità in denaro CI SEMBRA inopportuno e inesistente negli altri paesi europei. Il merito va inserito in una più ampia previsione di una vera e propria carriera del docente con la possibilità di progressioni stabili economiche e giuridiche. 

Una buona docenza fa la buona scuola e vanno messi in atto strumenti strutturali di miglioramento dello status del docente da sempre auspicati da coloro che sono e dovrebbero essere dei “professionisti dell’istruzione”. La Carta del docente è la chicca finale che assomiglia agli 80 euro dei dipendenti pubblici firmati dal presidente del Consiglio non eletto dai cittadini. I 500 euro a docente, sarebbero stati meglio utilizzati insieme ai fondi del merito in modo meno discrezionale e più utilmente per rinnovare un contratto di lavoro fermo da 7 anni che non bisogna essere sindacalisti per capire che andrebbe adeguato per consentire a coloro che hanno in mano il futuro dei nostri figli una condizione di lavoro più dignitosa. O almeno potevano essere destinati alle scuole per autorganizzare iniziative di aggiornamento professionale. Ma come su tanti aspetti non ultimo l'”organico potenziato” siamo alla vera e propria propaganda. O alle dimostrazioni di forza che Renzi deve dimostrare in questo caso con i Sindacati a cui ha dichiarato apertamente guerra. Ma a FDI AN non interessano queste guerre di posizione sulla pelle degli studenti dei docenti e delle famiglie.
Venendo all’organico potenziato o “aggiuntivo”, dividendo i veri numeri degli assunti per gli istituti scolastici, parliamo di 1, 2 professori che dovrebbero insegnare materie “potenziate”, supplire i docenti assenti nei periodi brevi, (e allora perchè non quelle lunghe aumentanto la percentuale di organico in più come proposto da FDI AN al 10%?) e diventare gli “impiegati” della scuola. 
Oltre alla destinazione di tuttofare a nostro parere, verranno nel tempo assorbiti dal turn over e andranno a coprire i posti vacanti. Vorremmo essere smentiti dai fatti e vedere bandito davvero nei tempi previsti un concorso, e garantiti da fondi aggiuntivi il vero fabbisogno delle scuole. E magari cambiato nel prossimo passaggio del Senato e poi di nuovo alla Camera il piano assunzionale inserendo un concorso per titoli per gli abilitati.

Altrimenti la “buona scuola ” si rivelerà per quello che è sempre stato, un tentativo di cucire addosso un vestito usato, alla necessità di non incorrere nella infrazione europea, e di andare soltanto e solamente a “svuotare” le Gae…

 

Laura Marsilio

Fratelli d’Italia/AN

 

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