Obbligo per tutti di tornare a scuola per una settimana in luglio, ad anno scolastico finito, scrutini ed esami fatti: un fulmine a ciel sereno quell’ordine di servizio del 23 giugno a Niscemi, un putiferio nazionale, studenti in rivolta, famiglie in allarme, docenti increduli. Uno stress psicologico notevole per quegli studenti che stanno sostenendo l’esame di stato, vissuto con l’incubo, per fortuna durato poco, del “dovrò rifare tutto?”.
Adesso finalmente è tornata la quiete dopo la tempesta. Il preside Fernando Cannizzo ha provveduto a “rassicurare le persone e a rasserenare il clima”, ha detto che i 200 giorni di lezione si sono svolti regolarmente e gli scrutini pure. Il recupero di 5 giorni di scuola a luglio non si farà.
È andata così, sembrerebbe una puntata di “scherzi a parte”. Ma non può finire così senza neppure una spiegazione. Il mondo della scuola e l’opinione pubblica sono rimasti sconcertati. Preside Cannizzo, perché l’ha fatto?
Come si fa ad obbligare docenti e studenti a tornare alla frequenza scolastica dal 17 al 22 luglio? A fare cosa poi? Ad anno scolastico terminato, scrutini fatti, esami di stato svolti e conclusi, che senso aveva?
Il caso è sembrato subito abnorme ed eclatante. Tutti si sono affrettati a prendere le distanze da un ordine di servizio bollato come “assurdo, poco sensato, azzardato e improvvisato”, non dai commentatori sui social, che ne hanno dette ben di peggio, ma da autorevoli fonti competenti si scuola, come abbiamo letto sui giornali una volta deflagrato il caso. E non era mai successo che si esprimessero valutazioni e posizioni così nette.
Tutti a disapprovare una decisione da “burocrazia patologica”, che vorrebbe far passare come reali e possibili cose illogiche e inammissibili, e che fa male alla scuola.
Un’altra domanda sorge spontanea: perché al recupero delle frazioni orarie non svolte non ci ha pensato prima? Perché, visto che la situazione risale al mese di febbraio, non ha provveduto a far deliberare agli organi competenti un recupero sensato e in tempo utile? Perché, se si sono perse troppe ore, non sì è pensato all’interesse prioritario degli studenti, ai loro obiettivi di apprendimento da raggiungere e da valutare? La sola presenza fisica in aula per un tot di ore, fuori tempo massimo, a cosa dovrebbe servire? Perché scioccare l’utenza col peggiore degli incubi ad anno scolastico terminato?
Forse ha preso una gran paura per il rischio di danno erariale per le frazioni di ore retribuite ma non fatte né recuperate? Pare che si tratti di 500 euro in più per ciascun docente. Certo che complessivamente fanno una ipotetica bella sommetta. Ma anche su questo punto non si poteva studiare per tempo una soluzione di buonsenso? Magari chiedendo una consulenza?
E non parliamo dei docenti. Abbiamo intuito che forse dentro alla scuola non c’è un clima tanto collaborativo… Valeva la pena di inasprire gli animi fino ad imporre la revoca delle ferie, che sono un diritto irrinunciabile e per di più in un periodo dell’anno in cui se ne può usufruire del tutto legittimamente? Ha tenuto conto che andava a colpire non solo i docenti “scomodi” ma le famiglie di tutti i docenti, gettando nello scompiglio persone che non c’entrano nulla e che avevano già programmato le loro vacanze?
E infine l’opinione pubblica. Si sa che le circolari oggi non circolano più solo dentro l’istituto, ma si diffondono rapidamente nel web. Non ha pensato che un tale inaudito ordine di servizio avrebbe sollevato un polverone nazionale sui media e sui social? Il mondo della scuola aveva bisogno anche di questo genere di polemiche?
Una qualche spiegazione ci sta.
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