La proposta del vicepremier Matteo Salvini di ridurre il numero di alunni stranieri per classe, introducendo un tetto del 20% risulta del tutto impraticabile: trova dunque conferma nei numeri e nelle testimonianze quanto scritto oggi dalla Tecnica della Scuola, derivata dalle polemiche sulla decisione del Consiglio d’Istituto della scuola di Pioltello, con il 40% di alunni di origini non italiane, che ha confermato che non si farà lezione l’ultimo giorno di Ramadan.
Un esempio per tutti è quello della scuola Carlo Pisacane di Roma, dell’Istituto comprensivo Simonetta Salacone: sebbene sia riuscita a passare in 15 anni dal 95% al 50% di alunni stranieri iscritti, il tetto del 20% non si potrebbe adottare.
All’Ansa la dirigente Rosanna Labalestra rivela che nella scuola romana da lei diretta “il tetto del 20% di alunni stranieri per classe non sarebbe applicabile” e che per famiglie è importante scegliere la scuola più vicina perché si tratta di persone che vivono un “disagio socio economico e a volte non hanno l’auto per andare più lontano”.
L’istituto esempio di integrazione, che si trova nel quartiere multietnico di Tor Pignattara, “dove vivono molte persone di diverse comunità”, la maggior parte dei quali ha origini del Bangladesh, è un esempio rilevante: gli studenti non italiani, infatti, “hanno diritto a una scuola di prossimità ed è quello che anche la Costituzione e il ministero ci dicono di fare: accogliere”.
Le scuole, consapevoli di questo, “si trovano ad avere questo tipo di complessità si attrezzano”, arrivando a “fare della diversità una fonte di ricchezza”.
La preside, fiera del fatto che la scuola è aperta dalla mattina alle 10 di sera: “abbiamo la fila delle persone italiane che vogliono iscrivere i figli alle nostre classi. Lo chiedono anche dai quartieri limitrofi”.
Anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che “se davvero è questa l’idea di Salvini, di espellere dalle scuole i bambini e le bambine straniere” il leader leghista non si rende conto qual’è “il Paese reale. Perché noi abbiamo tanti bambini e bambine stranieri che hanno nomi italiani, sono figli di stranieri, non hanno la cittadinanza italiana perché la legge prevede una permanenza di un certo periodo, ma sono nati in Italia, non hanno altro Paese dove andare. Li espelliamo dalle scuole e dove li dobbiamo mandare? Tutti a casa di Salvini?”.
Duri contro Matteo Salvini sono anche i sindacati. A iniziare dalla leader dalla Flc-Cgil Gianna Fracassi, per la quale la proposta del vicepremier “è un’idea fuori dal tempo, un provvedimento che penalizzerebbe la provenienza da contesti migratori non tenendo minimamente in considerazione la composizione dell’attuale società e la funzione unificante della scuola” e con “risulterebbe per di più inapplicabile, se non sradicando dal loro contesto di vita e di relazioni decine di migliaia di bambine e bambini”.
Il segretario lombardo di Uil Scuola Abele Parente, vi sono istituti, “specie nelle scuole di periferia”, dove “la popolazione straniera raggiunge e supera spesso il 50 percento”.
Il sindacalista ricorda che questo “è il risultato di politiche scolastiche sbagliate nel corso degli anni. Per non parlare del problema delle classi pollaio che si risolverebbe abbassando il numero di alunni per classe, il che significa non necessariamente stranieri in meno per classe”.
Le parole di Abele Parente sembrano davvero appropriate: ridurre il numero di alunni per classe, utilizzando nei primi anni del provvedimento anche parte dei fondi del Pnrr, sarebbe davvero l’operazione più corretta.
Riducendo i parametri imposti dall’ultimo governo Berlusconi, si spazzerebbero via le classi pollaio, si combatterebbe la dispersione, aumenterebbe la qualità della didattica e migliorerebbe l’apprendimento, senza dimenticare i benefici per gli insegnanti sempre più sottoposti a stress e a rischio burnout anche per l’alto numero di alunni per classe che nei primi anni delle superiori è più vicini a quota 30 che a 20.
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