In un inverno di pochi anni fa mi sono recato ad Auschwitz, insieme agli alunni dell’Istituto superiore dove insegnavo Religione – situato a Quartu Sant’Elena e intitolato a Primo Levi – e in compagnia del dirigente scolastico e di qualche collega.
Sono state giornate intense, incancellabili. Ciò che mi ha colpito particolarmente, oltre l’approfondimento sulla Shoah, è stato il rispetto che gli studenti, nel silenzio più totale, hanno avuto di quei luoghi e di quegli eventi, così nefasti per l’umanità: la quale, nei momenti peggiori della storia, diventa disumanità.
La reazione e la compostezza dei ragazzi sono state talmente esemplari che ho tratto due conclusioni.
La prima: i giovani del nuovo secolo non sono superficiali come si pensa e si dice. Per essere ascoltati è importante, innanzitutto, ascoltarli, pazientemente: hanno molto da raccontarci.
La seconda: se vogliamo che la Giornata della Memoria non divenga una commemorazione qualsiasi o un ricordo lontano, facciamo in modo che tutti gli studenti (e ripeto tutti) vadano, almeno una volta, proprio lì, ad Auschwitz. E poiché le loro famiglie non sempre potrebbero permetterselo, ci pensi il Ministero dell’Istruzione a stanziare i fondi necessari per tutti (e ripeto tutti, alunni e docenti) – senza parlare di Isee per favore – affinché nessuno venga privato di una visita e di un’esperienza così coinvolgente e formativa, che sarebbe anche un pregevole investimento culturale.
In questo modo i nostri ragazzi e i nostri figli potranno essere, in futuro, i migliori eredi dei testimoni dell’Olocausto che, inevitabilmente, ci stanno lasciando. L’idea, tra l’altro, è stata apprezzata e condivisa da Liliana Segre: con la quale, dopo il viaggio in Polonia o, meglio, pellegrinaggio, ho avuto un breve dialogo epistolare.
Un Governo degno di un popolo sensibile e maturo non dovrebbe badare a spese per far conoscere alle nuove generazioni avvenimenti storici fondamentali che le aiuterebbero a capire e a crescere più di quanto possano fare i libri, le conferenze e i dibattiti ideologici tra politici annoiati o rissosi, e tra revisionismo o nostalgia. Sono atteggiamenti da incompetenti, per niente istruttivi, che spesso invece si rivelano diseducativi e distruttivi.
Giovanni Panunzio