Bisogna che finalmente qualcuno abbia il coraggio di dirlo: in Italia oggi in ogni ordine d’istruzione un bel voto si prende molto più facilmente di un tempo; anche perché, se così non fosse, il numero dei “non ammessi” all’anno successivo dovrebbe essere forse doppio (o triplo) rispetto a quello attuale. Da almeno tre decenni il Ministero della Pubblica Istruzione (che oggi non si chiama nemmeno più così) profonde sommi sforzi per far comprendere agli insegnanti che le bocciature non sono gradite “colà dove si puote”.
Gli insegnanti, troppo spesso lontani dal possedere un cuor di leone, si adeguano. E le promozioni fioccano, aumentando di anno in anno, proporzionalmente al diminuire del livello culturale degli alunni. Tanto l’importante è superare i quiz Invalsi. Una realtà che supera di molto la fantasia di Carlo Collodi, che nel “Paese di Acchiappacitrulli” rappresentò un mondo alla rovescia, dove, per uscire di galera, Pinocchio deve dichiarare di essere un malandrino: mondo sinistramente simile all’Italia di oggi, purtroppo.
Ma se la Scuola diventa sempre più un Paese dei Balocchi, nel quale l’importante è far divertire gli alunni coi “progetti” e superare gli indovinelli del Ministero della Verità, il compito degli insegnanti, sottopagati, proletarizzati, vituperati, disprezzati, si fa sempre più arduo. E tutto ciò dimostra che degli insegnanti e della loro libertà (d’insegnamento e di valutazione secondo coscienza) la nostra classe politica e dirigenziale ha deciso di voler fare a meno.
Lo dimostra il D.lgs 62/2017, che all’articolo 3 decreta: «Le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione». Si può, sì, negare l’ammissione alla classe successiva, ma «solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione», e per di più con decisione presa all’unanimità.
Per le Scuole Medie la Circolare Ministeriale 1865/2017 ha precisato: «Solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione, sulla base dei criteri definiti dal collegio dei docenti, i docenti della classe, in sede di scrutinio finale presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, possono non ammettere l’alunna o l’alunno alla classe successiva. La decisione è assunta all’unanimità». Paletti chiari, precisi e non derogabili.
I collegi della Penisola si sono rapidamente adeguati al rigorismo ministeriale antibocciatura, ed hanno scritto nei “PTOF” criteri estremamente rigidi e particolareggiati. Così ora capita, ad esempio, che un allievo di terza media con quattro insufficienze gravi, magari in matematica e inglese (le quali prevedono prove scritte all’esame finale), ma non in italiano, e che abbia una risicata sufficienza in tutte le altre materie deve essere ammesso, comunque, all’esame di licenza media (e, ovviamente, affrontare con successo l’esame). P
romozione certa per quasi tutti. Altro che la meritocrazia di cui blaterava Renzi: quella vale (?) solo per i Docenti destinatari del bonus premiale assegnato dal Dirigente a piacer suo; che sono poi quelli più ubbidienti all’andazzo imposto dal Ministero e dall’Invalsi. Per chi lo contesta in nome della Costituzione, per i Docenti che lavorano in classe per diffondere la cultura vera, neanche una lira bucata. Così imparano.
Passo dopo passo, l’Italia sta diventando il Paese del diploma assicurato; così i posti di lavoro saranno sempre più riservati ai non meritevoli ben raccomandati, mentre i meritevoli veri resteranno disoccupati. E si moltiplicheranno i casi, già frequentissimi nelle scuole più disagiate, di Docenti picchiati dai genitori e dagli alunni per un voto insufficiente, e di ragazzi “furbi” che, ben sapendo di esser diventati intoccabili per legge, non porteranno a scuola nemmeno più la penna.
Sia chiaro: noi non siamo per una Scuola selettiva, di classe, che bocci la maggior parte degli alunni. Noi (gli insegnanti che contestano questo andazzo) ci battiamo, al contrario, per una Scuola inclusiva, democratica, con classi di massimo diciannove o venti alunni, che aiuti davvero quelli in difficoltà, che li motivi, che li segua, che li valuti in base alla buona volontà ed agli sforzi, non solo ai risultati.
Non siamo, però, per una Scuola finta, che rinneghi i propri principi ispiratori, che premi i furbi e gli analfabeti determinati a restare tali, che insegni ad essere corrotti e disonesti fin da bambini: i vizi italioti che tutto il mondo disprezza! Purtroppo non siamo maggioranza nel Paese. La scuola così come’è conciata sta bene al potere politico, ai potentati economici e a gran parte delle famiglie italiane: quelle culturalmente più deprivate, e quindi più incapaci di desiderare una Scuola seria e di comprenderne l’importanza.
Il 26 gennaio 2018 sul sito web di Confindustria Cuneo è stata messa in bella mostra una lettera aperta del presidente Mauro Gola “alle famiglie cuneesi che si trovano a scegliere l’indirizzo delle scuole superiori per i propri figli”. Secondo il presidente di Confindustria Cuneo è perfettamente inutile che gli studenti si ostinino a conseguire a scuola una preparazione culturale elevata, per poi iscriversi a filosofia o a fisica nucleare. Lavorare bisogna!
«Nel 2017», sostiene Gola, «le aziende cuneesi nel loro complesso, presi in considerazione industria, artigianato, commercio, agricoltura e servizi, hanno dichiarato di assumere circa 40.000 nuovi lavoratori. Di questi, il 38% sono operai specializzati, il 36% tecnici specializzati nei servizi alle aziende, il 30% addetti agli impianti e ai macchinari». Cifre in libertà, perché la loro somma è superiore a 100. Ma poco importa: “Il resto, marginale, sono gli altri ruoli aziendali, che sebbene fondamentali ed irrinunciabili, occuperanno poche unità. Il nostro dovere è quello di evidenziarvi questa realtà. Perché queste sono le persone che troveranno subito lavoro una volta terminato il periodo di studi“.
Il messaggio è molto esplicito: ciò che fa gola a Mauro Gola ed a Confindustria Cuneo non sono lavoratori colti e capaci di pensare criticamente in base al proprio bagaglio culturale, ma “addetti agli impianti e ai macchinari”, “operai specializzati”, “tecnici specializzati nei servizi alle aziende”. Che poi sappiano leggere un contratto o distinguere i fatti dalle opinioni, poco importa agli industriali. Anzi, se non sanno ben parlare, ascoltare, leggere e scrivere, meglio pure: saranno più docili e meno riottosi.
È, insomma, la solita vecchia storia di sempre: l’operaio non deve volere il figlio dottore. E il figlio dell’operaio deve introiettare questo dogma. Dogma sposato anche da quella sinistra che è erede diretta dei partiti stalinisti del dopoguerra, e che, senza cambiare affatto i quadri dirigenti, dopo il 1989 si è innamorata del neoliberismo, gareggiando con le Destre per dimostrare a chi controlla i capitali che la dittatura sul proletariato (e sulla classe media) si esercita meglio con la “Sinistra” al Governo che con le Destre. Anche perché la “Sinistra” non si troverà mai di fronte, se non a parole, l’ostilità di mamma Cgil (come invece può capitare ai Governi di Destra).
E allora tutto è chiaro. La Scuola, da trent’anni, si trova sotto il fuoco incrociato di vecchi nemici e amici falsi. Sopravvive, ed è ancora comunque efficace, solo grazie al suo pilastro fondamentale, che sono gli insegnanti. E infatti il fuoco è concentrato soprattutto contro questi ultimi, sempre più immiseriti, disprezzati, oberati di scartoffie, calunniati, sbeffeggiati, dominati, e premiati (poco) solo se ubbidiscono. È dunque fondamentale, per salvare la Scuola, che gli insegnanti comprendano l’importanza di cambiare la legge vigente sulla rappresentanza sindacale. Solo così potranno sperare di esautorare i maggiori responsabili di questa situazione, ovverosia quei sindacati “maggiormente rappresentativi” che alla realizzazione di tutto ciò hanno dedicato la propria fattiva complicità.
L’Italia può ancora salvarsi dal declino cui è avviata. Può salvarsi, però, solo a patto che si salvi la Scuola. Perché la Scuola è il fondamento di ogni futuro. Se avremo una Scuola pessima, ridotta ad un carnevale senza senso, il futuro sarà pessimo. Se invece saremo capaci di recuperare il senso del suo esistere e del mandato costituzionale che l’ha istituita, il futuro tornerà a farsi pieno di speranza per tutti: ivi compresi quegli straricchi che si illudono di costruire la propria felicità in un Paese distrutto.
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