Non mancherà di far discutere l’incontro svoltosi al Senato il 27 luglio nel corso del quale è stato presentato il volume di Vito de Luca “Giovanni Gentile, al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell’assessore e del ministro (1900-1924)”, edito da Solfanelli.
Il libro tocca un aspetto poco noto dell’opera del filosofo siciliano (era nato a Castelvetrano nel 1875) e cioè il biennio 1920-1922 durante il quale fu consigliere comunale di Roma e assessore.
“Giovanni Gentile – ha spiegato il sottosegretario al ministero della Giustizia Federica Chiavaroli, organizzatrice dell’evento – rappresenta un punto di riferimento importante della cultura e del mondo della scuola e più in generale dell’educazione nel nostro Paese. Tutti infatti conosciamo la sua riforma, a lui dobbiamo il nostro liceo classico, l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 14 anni, l’insegnamento della religione cattolica e nonostante ritenesse l’educazione un compito dello Stato da vero liberale riconosceva anche la libertà di scelta educativa”
Sull’attualità del pensiero e dell’opera di Gentile si è soffermata anche l’ex ministro Gelmini, evidenziando “quanto la nostra scuola si fondi sulla sua azione e quali siano i meriti della sua riforma, che risponde ad una visione del rapporto tra alunno ed educatore in divenire e quindi prettamente dinamico in aderenza al suo attualismo”.
In conclusione dei lavori è intervenuta anche l’ex ministra Stefania Giannini per affermare che l’Italia deve molto a Gentile a cui va ascritto il merito di “aver costruito l’architettura educativa dell’Italia del ‘900 e tutte le riforme che sono seguite si saldano a quel processo in una logica di ammodernamento”.
E’ probabile che la “celebrazione” del filosofo neo-idealista non passi inosservata dal momento che Giovanni Gentile si schierò apertamente a favore de fascismo al punto da aderire alla Repubblica Sociale Italiana fin dalla sua costituzione, nell’autunno del 1943. Peraltro pagò con la vita la sua scelta perché nella primavera dell’anno successivo venne assassinato nei pressi della sua abitazione a Firenze da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP.
In realtà la morte di Gentile fu un episodio molto controverso sul quale persino Norberto Bobbio, che all’epoca militava nel Partito d’Azione, ebbe a dichiarare 40 anni dopo: “A ripensare quell’episodio oggi, e dopo l’esperienza che abbiamo fatto delle gesta del terrorismo, giudico l’agguato a Gentile un atto terroristico: come tutti gli atti terroristici, un atto di violenza fine a sé stesso, un atto in cui la scelta del mezzo non è commisurata al fine che si vuole ottenere (e che non si potrebbe ottenere in altro modo), ma è semplicemente un atto di violenza cercato e voluto come tale”.
D’altronde parlare di un filosofo come Gentile, che rappresenta a parere di tutti gli storici uno dei punti più alti della cultura italiana del ‘900 ma che al tempo stesso sostenne il regime proprio nel momento più critico e decisivo della storia del Paese, non è cosa semplice. E infatti già nel 1994 la decisione del Ministero delle Poste di dedicare al filosofo siciliano un francobollo da 750 lire suscitò non poche polemiche e prese di posizione.
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