Il 26 giugno scorso il Mef, denuncia l’Uaar, ha emanato il decreto con cui viene introdotto il nuovo modello da utilizzare per la dichiarazione Imu/Tasi e, contestualmente, vengono fissati i parametri per poter beneficiare dell’esenzione totale.
Intanto si ribadisce che possono beneficiarne solo le scuole che svolgono attività paritaria rispetto all’istruzione pubblica e che garantiscono “la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni”.
Provvedimento che può sembrare equo, scrive l’Unione degli atei e agnostici, perché può benissimo essere interpretata nel senso che sono libere di discriminare in fasi successive, ad esempio, obbligando tutti a seguire le lezioni di una determinata religione oppure selezionando le classi per genere.
La parte più gustosa però, commenta l’Uaar, arriva quando si fissa quel “benedetto” importo simbolico di cui parlava Monti due anni fa. Ebbene, la ricetta è la seguente: si prende uno studio Ocse che determina la spesa per studente nella scuola statale, fissata in importi che vanno dai 5.739 euro per le scuole dell’infanzia ai 6.914 delle secondarie di secondo grado, e se ne assumono i valori come CMS (costo medio per studente). Poi si chiede alla scuola paritaria di turno di calcolare la retta media pagata dai suoi studenti, dividendo il totale delle rette per il numero di studenti, e questo lo si chiama CM (corrispettivo medio). Se il CM è inferiore al CMS la scuola è esentata.
In questo modo, dice l’Uaar citando La Repubblica, si esentano praticamente tutte le scuole, perché quelle che sforano questi importi sono veramente poche, e di queste poche è verosimile che la maggior parte rimoduleranno le rette in modo da abbassare la media (il CMS), acquisendo così il diritto all’esenzione.
Alla fine le scuole private si ritroveranno con i contributi pubblici erogati a vari livelli, principalmente comunale, con le rette versate dagli studenti e con l’esenzione fiscale, mentre la scuola statale continuerà ad avere sempre meno fondi, nonostante l’offerta sia, almeno per il momento, di livello superiore a quello della scuola privata (anche questo dato Ocse). A dirlo senza mezzi termini è la ministra Stefania Giannini (Sc) in un’intervista rilasciata a Tempi, in cui afferma appunto che allo Stato convengono “parità e costo standard”.
Infatti, la ministra ha insistito sul principio secondo cui se sparissero le paritarie i costi per lo Stato aumenterebbero di sei miliardi, calcolo che già l’Uarr a suo tempo aveva contestato e che adesso viene confutato perfino dalla Fondazione Agnelli.
Il concetto è semplice, precisa l’unione degli atei e agnostici: il costo totale dell’istruzione statale non può essere calcolato operando una banale proporzione tra numero di studenti e importo totale, risulta un calcolo già falsato in partenza. Semmai è vero il contrario, che il costo per studente si alza se scende il numero di studenti, e questo porta a una semplice riflessione: cosa accadrebbe al famoso CMS di cui sopra se una parte consistente di studenti migrasse verso le paritarie? La risposta è semplice e raggelante allo stesso tempo: il quoziente si abbasserebbe, e di conseguenza si alzerebbe il tetto massimo entro cui le rette delle scuole private garantiscono il diritto all’esenzione. Alla fine lo Stato pagherebbe di più e i cittadini sarebbero costretti a scegliere tra una scuola statale per poveri, sempre più con l’acqua alla gola, e una scuola privata caratterizzata da costi esorbitanti e profitti stellari.
Ma per la ministra tutto questo evidentemente non conta, le posizioni contrarie vanno classificate come meri “pregiudizi culturali”, quelle favorevoli evidentemente no.
In linea anche il sottosegretario all’istruzione Gabriele Toccafondi (Ncd), che parla di disparità sanata. In realtà, sottolinea l’Uaar, è con questo sistema che iniziano le vere disparità, che viene effettivamente meno quella libertà d’insegnamento a cui si appella Toccafondi. Non può esserci vera libertà se il sistema viene diviso in scuole statali povere e scuole private, in larga parte confessionali, ricche. Toccafondi si spinge ad auspicare “una parità scolastica chiara e reale, come previsto nella Costituzione”. E qui viene il dubbio che la Costituzione che ha tra le mani non sia quella italiana, perché quest’ultima non dice affatto che le scuole paritarie debbano essere esentate dalle imposte. Anzi, dice che le scuole private non devono essere onerose per lo Stato, quindi semmai il contrario.
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