Il conflitto attualmente in corso alle porte dell’Europa politica ha interrotto la sensazione – o status indotto – di pace e sicurezza a cui il Vecchio Continente era oramai abituato. Ora questo si proietta in dinamiche di assoluta incertezza circa il proprio futuro geopolitico, strategico ed umanitario. In merito a quest’ultimo punto, la guerra attualmente in corso alle porte di casa ha risollevato i temi dell’accoglenza, dell’appoggio umano e dell’integrazione dei rifugiati, alimentando anche dibattiti di natura politica.
In primis, occorre garantire sistemazioni e cibo a donne e bambini in fuga, nonchè formazione scolastica per questi ultimi. In tal caso, vi sono due opzioni: creare delle scuole o dei corsi appositi erogati in presenza o proseguire la didattica con i medesimi docenti collegati in DAD attraverso piattaforma. Per mere questioni di continuità, questa sembra essere l’opzione più adottata e appetibile. Vediamo perchè e come.
Numerosi sono gli studenti e le studentesse pronti e desti per iniziare le lezioni ma costretti a collegarsi con un docente che si trova in Ucraina, con il rischio che qualche ordigno esplosivo, indipendentemente dal responsabile, faccia saltare in aria la sua abitazione. Il professore non si scoraggia: le lezioni avranno luogo come sempre e con modalità – per quanto possibile con la DAD, – assolutamente identiche, con il mantenimento del medesimo programma in continuità con l’assetto pre-bellico delle lezioni.
Con l’allarme bomba la didattica si interrompe provvisoriamente per poi tornare alla normalità. I ragazzi si sono – tristemente – abituati alla DAD anche attraverso i lockdown che si sono susseguiti in Ucraina a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.
Come abbiamo fatto presente, sono molti studenti e studentesse che si collegano on-line per seguire le lezioni. Questo è il caso di due adolescenti che hanno raggiunto Roma lo scorso 9 marzo assieme alla propria famiglia, nonne e zie comprese.
Hanno raggiunto, rispettivamente a 14 e 15 anni, la capitale attraverso Salvamamme, una delle tante associazioni che si è mobilitata per garantire alle famiglie ucraine – in loco o in Italia – assistenza materiale di qualunque genere, trasporto compreso. «Fanno lezioni di due ore e poi una piccola pausa – spiega Irina – così fino alle 14. Il pomeriggio si riposano e poi studiano per il giorno dopo. Proprio come erano abituate a fare a casa loro. Stanno facendo di tutto per portare avanti i programmi di matematica, scienze e storia. Loro vogliono tornare in Ucraina e per questo non accettano di restare indietro con la scuola».
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