Non è facile seguire, con accanto un bambino o un adolescente, le immagini che arrivano dall’Ucraina.
Tante domande, interrogativi, curiosità. Che ci dicono che quella sicurezza che ci faceva sentire lontani dalle tragedie di questi tempi in realtà sono poco lontane dal nostro quotidiano vissuto.
Sì, ogni tanto arrivavano notizie, da qualche parte del mondo, soprattutto africano, di quelle che definiamo guerre dimenticate. Come sentivamo lontane le tragedie che negli anni hanno segnato il medio oriente, le rotte sahariane di gente in fuga dalle guerre civili, le carrette del mare con i disperati a bordo, schiavizzati da gente senza scrupoli.
Stiamo parlando del male del mondo causato da noi uomini di questo tempo. Uno delle tante negatività di ordine etico, poi ci sono quelle di ordine conoscitivo, economico, sociale, anche di ordine spirituale.
Ed esistono altre forme di male. Pensiamo ai terremoti, ad una natura che ogni tanto si risveglia, come durante la pandemia. Cioè alle malattie, per non dire della morte. Il dolore e la sofferenza, insomma, non sono una novità.
Ma la cosa che più ha sorpreso in queste ultime settimane è l’invasione dell’Ucraina, perché la sentiamo quasi come nostra, per la disinvoltura russa di invadere un Paese che ha cercato di scegliersi il suo destino in modo democratico lontano dalle grinfie ex-sovietiche. Solo perché non ha accettato il drastico “no, tu non puoi”.
Sì, le contraddizioni le conosciamo, vicine e lontane, anche per la recente storia ucraina. Che possono essere tra le cause di questa come di tutte le guerre. E gli esempi non mancano.
Questa volta, in altri termini, abbiamo mostrato di non accettare più il solito modo di dire: “è il destino”. Nel senso della nostra incapacità o impossibilità di dire o fare qualcosa.
Non ci siamo più sentiti disposti a rifugiarci nella parola destino. No, dobbiamo reagire, perché quello che è toccato agli ucraini potrebbe toccare anche a noi.
I più cinici si nascondono dietro a figure ideologiche del passato, quasi a ripetere che la guerra, con Eraclito, in fondo “è la madre di tutte le cose”, capace di muovere la storia, con esiti per niente scontati. E questa sarebbe, per loro, l’ebbrezza della vita, come ha scritto Hegel. Per cui tutti gli attori, al dunque, sarebbero fatti della stessa pasta. Tanto a dominare sarebbe un Leviatano che oggi va sotto il nome di “tecnoscienza”, cioè l’ultima faccia del capitalismo. Come se le persone fossero delle comparse.
Ma la storia segue davvero queste nostre rappresentazioni? Cioè la storia, al dunque, come ci hanno segnato alcuni maestri (come dimenticare certe pagine manzoniane o hegeliane?), segue davvero le nostre elucubrazioni geopolitiche ed economiche?
Oppure c’è un cuore che dà un senso non sempre visibile agli eventi?
Se ci limitiamo a leggere i manuali scolastici, nei quali si parla troppo dei cosiddetti grandi personaggi, sembra che questo cuore sia limitato alla sola volontà di potenza. Cambiano gli attori, non cambia la sostanza. Guerre ce ne sono sempre state, e ce ne saranno sempre.
Vedendo l’adunata oceanica di Putin mi sono venute, ad esempio, alla mente tante altre adunate, di tutti i colori. Con la “povera gente” che, per convinzione o convenienza, si è lasciata e si lascia affascinare ed abbagliare, ma, alla fin fine, sempre di abbagli si tratta.
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