C’è una pagina della storia del novecento che, sino a pochi anni fa, non era rintracciabile nei nostri manuali di storia contemporanea, quasi una forma di autocensura.
Riguarda la tragedia che va sotto il nome di “Holodomor”, cioè sterminio per fame, e riguarda la storia dell’Ucraina degli anni trenta, quindi sotto il regime staliniano.
Siamo negli anni, in particolare, 1932-33, cioè esattamente novant’anni fa.
Si tratta della decisione, da parte del dittatore sovietico di schiacciare con l’arma della fame il popolo ucraino, decisione che portò alla morte, calcolano gli storici, tra i quattro e i sette milioni dì persone, di cui tre milioni di bambini.
Ancora oggi pochi Stati al mondo lo riconoscono come genocidio, e non tutti i libri di storia lo riportano con correttezza.
A dare il via alle ricerche su questi tragici eventi vi fu un convegno che si tenne a Vicenza, intitolato “La morte della terra. La grande «carestia» in Ucraina nel 1932-33”, convegno organizzato da Gabriele De Rosa, grande storico cattolico, allora presidente dell’Istituto di Storia Sociale e Religiosa, con sede a S.Rocco a Vicenza, oltre che dell’Istituto Sturzo di Roma, svoltosi dal 16 al 18 ottobre 2003, i cui atti furono poi pubblicati dall’editore Viella di Roma nel 2005, curati dallo stesso De Rosa con Francesca Lomastro.
La scelta di De Rosa di portare l’attenzione su questa grande tragedia venne poi ripresa e approfondita dal Corriere della Sera e da diversi altri quotidiani.
Tanto che Gustavo Selva, storico direttore del Gr2, allora parlamentare, presentò e fece approvare dalla Camera, il giorno 1 marzo 2004, una risoluzione per impegnare il governo italiano al riconoscimento formale del genocidio ucraino.
Il Convegno fu poi ripreso e rilanciato, sempre dal prof. De Rosa, anche a Kiev, con importanti riconoscimenti internazionali.
In verità, un libro aveva fatto conoscere già nel 1991 questi fatti, ma passò quasi sotto silenzio. Parlo del volume curato da Andrea Graziosi, intitolato Lettere da Kharkov. La carestia in Ucraina e nel Caucaso del nord nei rapporti diplomatici italiani 1932-33, edito da Einaudi. Cioè lettere indirizzate a Mussolini e lasciate dal Duce nel silenzio.
A livello internazionale importante fu, nella seduta del 10 novembre 2003, la pubblicazione, come documento ufficiale del Terzo Comitato della 58a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, della «Dichiarazione comune sull’Holodomor» per ricordare le vittime di quello che è giustamente ritenuto un vero e proprio genocidio.
Questa dichiarazione faceva definitivamente luce sui fatti del 1932-33, quando Stalin ordinò la confisca dei generi alimentari, vietò l’approvvigionamento e ogni commercio nelle zone rurali dell’Ucraina, pena la reclusione a più di dieci anni e la fucilazione. Queste misure, lo ricordo ancora, portarono alla morte, per fame e per le malattie da essa derivate, di milioni di contadini-imprenditori – uomini, donne, bambini – considerati potenzialmente ostili al sistema comunista. E per la disperazione ci furono perfino episodi di cannibalismo. In quel documento dell’Onu si dichiarò che l’intervento del regime sovietico venne pianificato per tempo, e che si trattò di una scelta politica con l’intento di distruggere, attraverso una classe sociale, l’identità ucraina.
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