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Ucraina, quale pedagogia e didattica dell’accoglienza? I 10 consigli di Raffaele Iosa

Ecco la lista dei 10 consigli di Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, pedagogista esperto di processi di inclusione, per una pedagogia e una didattica dell’accoglienza rispettose dei profughi ucraini, del loro sentire, dei loro bisogni.

  1. Stile di accoglienza sobrio, fatto di capacità di comprensione, meno bandierine, meno interviste e più “normalità”, questi ragazzi devono sapere che qui da noi stanno portando avanti il loro mestiere di studente, non devono essere resi fenomeni da televisione.
  2. No ad atteggiamenti di compassione: non devono pensare che ci fanno pena, devono trovare ascolto, non regali e compassione.
  3. Equilibrio. Attenzione a fare loro percepire che staranno per sempre da noi (perché questi bambini e ragazzi vogliono tornare alle loro case e ai loro affetti), ma attenzione anche al rischio di illuderli che tutto finirà presto, perché non lo sappiamo.
  4. Ascolto attento, fatto anche di silenzi e guai a fare più domande di quelle che loro sono disposti a recepire. Insomma, noi dobbiamo accettare la nostra impotenza, sapendo che queste persone vivono un terremoto interiore. Provate a mettervi nei panni di un bambino ucraino e della sua mamma: stanno vivendo la guerra di Caino, chi li sta ammazzando è un parente alla lontana, e questo porta un dolore doppio. Dovere fuggire sapendo che il padre rimane lì, in Ucraina, porta queste persone in Italia con un dolore immenso. Per loro l’importante è telefonare al padre sapendo che è ancora vivo.
  5. Non dare giudizi, ma stare loro vicino senza prediche e moralismi. Sarebbe inutile parlare di democrazia se loro sentissero il bisogno di esprimere desideri di vendetta.
  6. Applicare lo scaffolding di Bruner, quello stare indietro che accoglie senza mettere a disagio. Dobbiamo solo cercare di dare loro sicurezza e serenità, con prudenza ed equilibrio.
  7. Tradurre i programmi scolastici ucraini in italiano, dobbiamo capire come funziona la loro scuola per riprodurre alcune delle loro dinamiche anche nelle nostre classi.
  8. Più didattica attiva e laboratoriale. La loro è molto scuola-laboratorio fatta di tanta pratica e di ore veloci, da 45 minuti. Da loro conta molto lo sport, come contano molto le attività creative.
  9. Scuola-evento e scuola-comunità. Sarebbe importante organizzare eventi, anche di festa, per creare comunità e per rendere l’esperienza scolastica un momento catartico. Peraltro, il loro modo di fare scuola è molto festaiolo. Il primo giorno di scuola per loro è un giorno mistico, da festeggiare. Immaginare la scuola come evento crea storie, crea memoria.
  10. Meno supporto psicologico e più pedagogia. Attenzione al rischio iatrogeno, questi bambini e ragazzi non devono sentirsi malati. Certo, qualche trauma andrà pure supportato dall’intervento dello psicologo, ma prima di tutto la via da seguire è sociale ed educativa.

Sono i suggerimenti pedagogico-didattici che abbiamo estrapolato dall’intervento di Raffaele Iosa nel corso nella diretta della Tecnica della Scuola del 15 marzo, cui hanno partecipato anche Aluisi Tosolini, dirigente scolastico e coordinatore della rete nazionale delle scuole per la pace, e il nostro vice direttore Reginaldo Palermo.

Carla Virzì

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