Ucraina, quale pedagogia e didattica dell’accoglienza? I 10 consigli di Raffaele Iosa
Ecco la lista dei 10 consigli di Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, pedagogista esperto di processi di inclusione, per una pedagogia e una didattica dell’accoglienza rispettose dei profughi ucraini, del loro sentire, dei loro bisogni.
Stile di accoglienza sobrio, fatto di capacità di comprensione, meno bandierine, meno interviste e più “normalità”, questi ragazzi devono sapere che qui da noi stanno portando avanti il loro mestiere di studente, non devono essere resi fenomeni da televisione.
No ad atteggiamenti di compassione: non devono pensare che ci fanno pena, devono trovare ascolto, non regali e compassione.
Equilibrio. Attenzione a fare loro percepire che staranno per sempre da noi (perché questi bambini e ragazzi vogliono tornare alle loro case e ai loro affetti), ma attenzione anche al rischio di illuderli che tutto finirà presto, perché non lo sappiamo.
Ascolto attento, fatto anche di silenzi e guai a fare più domande di quelle che loro sono disposti a recepire. Insomma, noi dobbiamo accettare la nostra impotenza, sapendo che queste persone vivono un terremoto interiore. Provate a mettervi nei panni di un bambino ucraino e della sua mamma: stanno vivendo la guerra di Caino, chi li sta ammazzando è un parente alla lontana, e questo porta un dolore doppio. Dovere fuggire sapendo che il padre rimane lì, in Ucraina, porta queste persone in Italia con un dolore immenso. Per loro l’importante è telefonare al padre sapendo che è ancora vivo.
Non dare giudizi, ma stare loro vicino senza prediche e moralismi. Sarebbe inutile parlare di democrazia se loro sentissero il bisogno di esprimere desideri di vendetta.
Applicare lo scaffolding di Bruner, quello stare indietro che accoglie senza mettere a disagio. Dobbiamo solo cercare di dare loro sicurezza e serenità, con prudenza ed equilibrio.
Tradurre i programmi scolastici ucraini in italiano, dobbiamo capire come funziona la loro scuola per riprodurre alcune delle loro dinamiche anche nelle nostre classi.
Più didattica attiva e laboratoriale. La loro è molto scuola-laboratorio fatta di tanta pratica e di ore veloci, da 45 minuti. Da loro conta molto lo sport, come contano molto le attività creative.
Scuola-eventoe scuola-comunità. Sarebbe importante organizzare eventi, anche di festa, per creare comunità e per rendere l’esperienza scolastica un momento catartico. Peraltro, il loro modo di fare scuola è molto festaiolo. Il primo giorno di scuola per loro è un giorno mistico, da festeggiare. Immaginare la scuola come evento crea storie, crea memoria.
Meno supporto psicologico e più pedagogia. Attenzione al rischio iatrogeno, questi bambini e ragazzi non devono sentirsi malati. Certo, qualche trauma andrà pure supportato dall’intervento dello psicologo, ma prima di tutto la via da seguire è sociale ed educativa.
Sono i suggerimenti pedagogico-didattici che abbiamo estrapolato dall’intervento di Raffaele Iosa nel corso nella diretta della Tecnica della Scuola del 15 marzo, cui hanno partecipato anche Aluisi Tosolini, dirigente scolastico e coordinatore della rete nazionale delle scuole per la pace, e il nostro vice direttore Reginaldo Palermo.