La crisi bellica tra Federazione Russa e Ucraina, di annosa consistenza, non ha visto le risoluzioni sperate nelle trattative tenutesi a Gomel’ tra le parti in causa. La palla è passata ieri alle autorità di Kiev, che devono confrontarsi con un probabile riconoscimento delle repubbliche site nell’Ucraina orientale e della Crimea, fattivamente parte della Federazione Russa dal 2014 successivamente ad un referendum su cui le autorità europee (OSCE) dubitano fortemente.
Non marginalmente rispetto alle questioni diplomatiche, lo scenario umanitario risulta straziante: sono centinaia di migliaia i cittadini ucraini che varcano giornalmente i confini d’Europa sprovvisti di abitazione, risorse economiche e elementi primari con cui sopravvivere. Molti di loro sono bambini, bambine e mamme, prioritari rispetto a coloro che combattono attivamente nell’esercito nazionale ucraino.
Gli studenti di tenera età si sono dovuti confrontare con una brusca interruzione dell’anno scolastico in corso, ripreso finalmente senza quarantene o attraverso l’erogazione di didattica a distanza. La recente escalation militare ha comportato due esodi distinti e strazianti in egual misura: gli ucraini etnici fuggono a occidente perseguitati dall’attacco russo, mentre i russi di Donec’k e Luhan’sk si recano a est perché gli ordigni ucraini gli han distrutto la casa o assassinato un familiare. Pertanto, vi sono due esodi da prendere in esame.
Al confine polacco, slovacco e magiaro sono decine di migliaia gli ucraini, in particolare madri con figli di tenera età, alla ricerca di aiuto e conforto. La polizia locale è schierata al confine e, assieme ad associazioni come la Croce Rossa Internazionale provvede a trovare una sistemazione temporanea agli sfollati e del cibo utile per i primi giorni: numerose famiglie locali si offrono di ospitare i profughi mettendo a disposizione tutto ciò di cui hanno bisogno.
La rete scolastica ha organizzato, almeno in Polonia, dei trasporti via bus e treno dai posti di confine dedicati a studenti e alle mamme e ha allestito dei dormitori e delle classi per bambini utili a continuare, seppur dopo eventi terribili e burrascosi, un minimo di didattica, specie per i più piccoli. Sono organizzati dei laboratori di disegno, pittura e giardinaggio, di scrittura e di turismo locale a cui possono attivamente partecipare le comunità locali, i bambini e le bambine, nonché i rispettivi genitori. Per gli universitari non è stato possibile organizzare attivamente una didattica a distanza: non sono disponibili, al momento, docenti che parlino ucraino nelle aree in cui i profughi giungono.
Il secondo esodo, massiccio come il precedente, interessa la popolazione russa delle aree di Donec’k e Luhan-sk che scappa verso il confine russo, lasciandosi alle spalle una terra, russa o ucraina che sia, tragicamente martoriata da anni di azioni belliche da entrambi i fronti. In questo caso, l’esodo riguarda tutti i cittadini, indipendentemente da sesso e età: il servizio militare risulta attivo in quelle aree, pertanto alcuni restano a combattere compatibilmente con i rischi da correre. Gli studenti che si recano nelle prime città della Federazione Russa (Rostov sul Don, ad esempio) ricevono assistenza, un posto letto e formazione in continuità a quanto appreso nelle scuole locali, se possibile. È certamente più semplice far continuare la didattica per studenti e studentesse di tenera età piuttosto che organizzare corsi universitari da zero per giovani, anche a distanza. Sono previsti dei programmi relativi all’inserimento lavorativo dei cittadini delle aree di Donec’k e Luhan’sk presso le aziende russe supportate dal Ministero del Lavoro e dell’Istruzione, che si occupa dell’occupazione dei più giovani.
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