La commissione ha reso noto un rapporto sull’istruzione assai duro per il governo italiano. Il documento si ferma al 2015, il primo anno della «Buona scuola» e apprezza il fondo da un miliardo stanziato dalla vecchia legge di stabilità, con l’impegno di finanziare il fondo con 3 miliardi all’anno, a partire dal 2016.
E fino al 2015 gli investimenti pubblici sono stati tra i più bassi nei paesi dell’Eurozona; abbandono scolastico superiore alla media, ma con qualche traccia di diminuzione; il più basso tasso di laureati fra i 30 e 34 anni; un sistema dell’istruzione che non affronta i problemi di invecchiamento e riduzione dei professori. La transizione dalla formazione al lavoro che «è molto difficile anche per i più qualificati». Tutto questo «provoca la fuga dei cervelli» in Italia.
C’è anche il riconoscimento positivo dell’assunzione di circa «90 mila insegnanti» a tempo indeterminato. Un dato che è stato apprezzato dalla Cassazione e dalla Consulta, che hanno trovato soddisfacente le assunzioni che avrebbero sanato l’abuso del precariato contestato dalla Corte di giustizia europea all’Italia. Nessuna di queste istituzioni ha spiegato tuttavia la ragione per cui, anche quest’anno, le supplenze non sono affatto diminuite e perché il governo ha fatto una distinzione tra i docenti abilitati con le Siss e quelli abilitati con Tfa e Pas quando ha assunto i precari.
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Tuttavia Renzi fa ancora mea culpa, dicendo in Tv: «Il mio più grande errore è stata la questione scuola, i soldi che abbiamo investito noi non li ha messi nessuno, non l’abbiamo gestita bene, ci abbiamo messo un sacco di soldi nella cultura»: forse una accusa alla ministra dell’Istruzione Giannini?
Ma il suo «grande errore» può essere dovuto alle discriminazioni subite dai precari nelle assunzioni, molti dei quali sono stati costretti a fare il «concorsone» i cui risultati tardano ad arrivare in alcuni casi.
In ogni caso, spiega Il Manifesto, la genericità dell’auto-critica lascia sul campo molte ipotesi. Quella più strutturale riguarda i 3 miliardi per l’edilizia scolastica in un paese dove 9 istituti su dieci è a rischio sismico (sostiene da ultima Legambiente).
Renzi sostiene che li spenderà, vedremo come risponderà l’Ue. Resta da capire dove il governo prenderà i soldi per colmare il divario sugli investimenti: l’Italia nel 2014 era ferma al 4,1% sul Pil, diminuita rispetto al 2013. Negli anni della crisi gli investimenti pubblici sono cresciuti annualmente dell’1,1 % in tutto il continente.
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