Parte un appello all’Europa, affinché i suoi Paesi riconoscano l’obesità come una malattia cronica, perché “è potenzialmente mortale, riduce l’aspettativa di vita di 10 anni, è causa di disagio sociale e spesso, tra bambini e adolescenti, favorisce episodi di bullismo che più volte le cronache hanno riportato. Eppure, l’Italia e l’Europa fino ad oggi hanno guardato altrove”.
Nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità consideri l’obesità una malattia, riporta AdnKronosSalute, nel Vecchio Continente solo il Portogallo ne ha preso atto. Per queste ragioni, sotto la spinta della Società europea dell’obesità (Easo) e delle associazioni scientifiche nazionali, tra le quali Sio, un gruppo di parlamentari europei di tutti gli schieramenti politici, ha promosso una ‘dichiarazione scritta’ che invita Commissione europea e Consiglio d’Europa “ad agire in vista di un riconoscimento armonizzato, a livello europeo, dell’obesità come malattia cronica”. Il documento sottolinea come, “stante la situazione”, vi sia “l’urgente necessità” di farlo, “onde garantire una migliore mobilitazione delle risorse quando si tratta di prevenzione, cura e assistenza”.
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Secondo le stime “l’obesità colpirà, entro il 2030, il 50% dei cittadini europei e in molti Paesi, tra persone obese e sovrappeso, si raggiungerà il 90% della popolazione. Già oggi, come ricordano i promotori del documento al Parlamento europeo, il costo economico e sociale dell’obesità è pari a 70 miliardi di euro nell’Unione, tra costi sanitari e mancata produttività, quasi 200 milioni di euro al giorno, che hanno un impatto notevole e assolutamente sottovalutato sui sistemi sanitari”.
“Per la prima volta nella storia di questo Paese – interviene il presidente dell’Istituto superiore di sanità – il Rapporto Osservasalute riscontra come l’aspettativa di vita degli italiani sia diminuita rispetto al passato. La colpa sta nella scarsa propensione degli italiani alla prevenzione e nella poca attenzione verso uno stile di vita adeguato a ridurre il rischio delle malattie croniche non trasmissibili come obesità, diabete e disturbi cardiovascolari”.
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