La Flc Cgil di Cuneo, alla notizia che alcuni Dirigenti scolastici vorrebbero organizzare incontri scolastici con gli studenti per l’ultimo giorno di scuola, attraverso il Segretario Generale provinciale Doriano Ficara stigmatizza certe uscite dicendo: “Rischiamo di giocare la carta del “tutto è tornato come prima” quando invece non lo è”.
Al momento la scuola è in regime di sospensione delle attività didattiche e sta inesorabilmente volgendo al termine il calendario scolastico delle lezioni che, ormai da mesi, sono state sospese e svolte solo tramite DAD grazie allo spirito di volontà dei docenti e al loro senso civico. Eppure, alcuni realizzano nuove occasioni di incontro e di adunanza come alla ricerca di un idolo necessario a sfuggire dall’inquietudine e a esso, fatalmente, si consegnano.
Alcuni Dirigenti, infatti, si stanno impegnando al fine di poter far effettuare, in corrispondenza dell’ultimo giorno di scuola, un incontro tra docenti, alunni e qualche genitore rigorosamente in spazi aperti. Il fatto in sé, lascia perplessi, è complesso riuscire a individuare in questo incontro l’aspetto educativo e ancor più arduo è estrapolarne ed evidenziarne l’utilità socio-culturale. Appare al contrario di tutta evidenza l’incoscienza con la quale si mettono a rischio diritti costituzionalmente riconosciuti quali quello alla salute senza che ve ne sia un motivo chiaro, evidente e di prioritaria importanza.
L’analisi provocatoria fin qui fatta, lungi dal voler essere una critica moralistica, analizza invece il modo d’ essere delle persone e il loro modo di reagire ai gravi fatti di recente accaduti (COVID-19). La decisione di fare un giorno di scuola l’8 di giugno è come giocarsi la carta “del tutto sta tornando come prima” quando sappiamo benissimo che così non è.
Fare finta di nulla, cercare di ignorare le indicazioni e le prescrizioni indicate dai nostri scienziati, proporre iniziative borderline, corrisponde all’esigenza di creare un idolo che ci possa far superare le nostre paure, che combatta le nostre guerre, che ci riporti alla nostra normalità. Queste modalità illegittime (in quanto siamo in fase di sospensione delle attività didattiche) sembrano più che modalità educative di pertinenza della scuola, delle strategie di mercato di massa necessarie a colmare dei vuoti e a convincere chi ha dei dubbi. Una politica di marketing di basso livello e rivolta in modo generalizzato a tutta la popolazione.
L’obiettivo non è svolgere una lezione in presenza che di per sé sarebbe inutile e superflua, bensì dare una risposta alle proprie preoccupazioni. L’uomo cerca di venir fuori da questa situazione con un gesto simbolico che racchiude un qualcosa in grado di garantirgli una consistenza, un senso, una certezza che al momento ha perso, ha smarrito.
Più che un bisogno, assembrarsi è diventata una tentazione, peccato che sia proprio un pezzo del mondo della cultura, un pezzo di quell’ambiente che dovrebbe essere ambiente educativo, a cadere in questa trappola senza uscita.
E’ umano cercare una scappatoia di fronte all’inquietudine. Ma è necessario per superare il problema vivere l’inquietudine e resistere a questa tentazione. E’ necessario prendere coscienza delle nostre paure. Trovarsi ai giardinetti con i propri alunni è bello e ritrovare una normalità che non c’è pure, ma non sono queste le risposte che dobbiamo dare, non sono queste le verità che cerchiamo.
E’ necessario lavorare in modo sinergico per raggiungere obiettivi condivisi tra enti pubblici, mondo della scuola, parti sociali. La scelta della lezione di fine anno non va in questo senso e l’iniziativa ha in se un contenuto più politico che educativo rompendo sin da subito quel patto necessario tra tutti per consentirci di risollevare la testa e trovare una nuova normalità di cui abbiamo bisogno.
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