Scuole a rischio lezione in occasione dello sciopero indetto per il 23 marzo dall’Anief e a cui hanno aderito il Sease e alcuni sindacati di base: la protesta nasce per chiedere una norma che superi la sentenza del Consiglio di Stato emessa lo scorso 20 dicembre che ha di fatto tagliato fuori i maestri con diploma magistrali dalle Graduatorie provinciali ad esaurimento; tuttavia, il personale, anche Ata, si fermerà anche per altri motivi. Come gli aumenti minimi del nuovo contratto, la tutela dei lavoratori precari e neo-immessi secondo norme UE, lo sbocco dell’indennità di vacanza contrattuale, la restituzione della trattenuta TFR, la richiesta di una finestra a 61 anni per le pensioni e salario minimo legato all’inflazione.
Contrariamente a quanto inizialmente previsto si terrà davanti al Miur e non a piazza Montecitorio, in concomitanza con l’insediamento delle Camere: nello stesso giorno, tra l’altro, dovrebbe anche arrivare il parere dell’Avvocatura di Stato su come attuare l’Adunanza plenaria contro i diplomati magistrale.
“La manifestazione, autorizzata in precedenza, è stata vietata all’ultimo momento dalla questura, forse – afferma il leader dei Cobas, Piero Bernocchi, che ha chiesto di aderire allo sciopero solo ai maestri della scuola dell’infanzia e della primaria – per un intervento del ministro degli Interni che non ha voluto ‘turbare’ la prima giornata dei neo-eletti/e, decidendo di ‘recintare’ il Parlamento con un’ampia zona off limits per ogni sorta di protesta”.
“Ferma restando la protesta più ampia, che coinvolge tutta la categoria docente e Ata, contro un contratto miserabile sul piano economico e l’inserimento in esso delle imposizioni della legge 107, lo sciopero del 23 marzo ha come obiettivi immediati, da presentare ai nuovi parlamentari e al governo che verrà – aggiunge Bernocchi – la conservazione del posto in ‘ruolo’ o nelle Gae (graduatorie a esaurimento) per le maestre/i diplomati magistrali che vi si trovano, la riapertura delle Gae per tutti/e i precari/e abilitati e l’immissione immediata ‘in ruolo’ per i precari/e con 3 anni di servizio”.
Anche l’Anief punta l’indice sul rinnovo contrattuale: l’assenso del Consiglio dei Ministri – si legge in una nota odierna – fa seguito quello del Ministero dell’Economia di una decina di giorni fa e prelude al pagamento di incrementi e arretrati nel prossimo mese. dall’accordo raggiunto dai sindacati Confederali lo scorso 9 febbraio all’Aran. L’unico vincolo da superate è che arrivi, a breve, anche il parere positivo della Corte dei Conti. Anche contro questa ennesima presa in giro, domani l’Anief ha proclamato una giornata di stop lavorativo con corteo e Roma e manifestazione conclusiva davanti al Miur, nel giorno dell’avvio della XVIII legislatura.
Per Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “dopo la firma di CGIL, CISL, UIL che rappresentano il 66% dei lavoratori arriva quindi quella del Governo. Stiamo parlando di aumenti tre volte sotto l’inflazione nel 2018, con circa seimila euro di arretrati svaniti nel nulla, persino sotto quella che sarebbe stata l’indicizzazione della vacanza contrattuale, contro cui abbiamo non a caso fatto ricorso forti del parere della Consulta. L’irrisorietà delle somme concordate diventa ancora più tangibile se si pensa che sono pari a 15 punti, complessivamente, gli aumenti del settore privato registrati negli ultimi dieci anni e anche rispetto al nuovo salario minimo (TEM) pattuito con Confindustria”.
“A pesare negativamente ci sono poi gli scatti bloccati: sia per i giovani, sia per chi è avanti nella carriera. Noi a queste condizioni a perdere non ci stiamo. Con il prossimo contratto, appena Anief diventerà rappresentativa a seguito del rinnovo delle Rsu previsto tra meno di un mese, o si allineano gli stipendi almeno all’inflazione oppure non si firma: un accordo si sottoscrive se si rispetta la Costituzione”.
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