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Un anno di Governo Monti

Nasceva così il governo Monti. Bisogna tuttavia aspettare il 16 per il giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano dell’intero Staff tecnico da lui chiamato per traghettare la Nazione fuori dalla terribile crisi in cui versava.
Nato sull’onda anomala spread, salito a quota 500 punti, la missione tassativa assegnata al prof e al suo Governo Tecnico era quello di traghettare la nostra economia fuori dalla crisi: c’è riuscito? Sicuramente, assicurano i suoi ministri, mentre si è affermato un nuovo modo di dire che richiama eventi millenaristici: lo vuole l’Europa. E infatti non c’è stata determinazione, scelta, tassa, licenziamento, taglio e perfino coltellata, ai precari soprattutto, che non abbia riportato alla famelica Europa che dall’Italia, spendacciona e ballerina, mandolinata e spaghettaiola, tutto pretendeva, comprese le lacrime che molti lavoratori in vero, e fuori metafora, hanno versato.
Un pozzo senza fondo questa Ue, sobillata dalla Germania di Angela Merkel che per molti mesi ci è apparsa quasi una sorta di Vampiro assetato di energie italiche.
E a un anno dal suo insediamento quale bilancio si può fare?
Governo delle tasse senza dubbio, ma governo pure sordo alla implementazione di più nobili tasse, come la patrimoniale per colpire i ricchi e insensibile all’accordo con la Svizzera per martellare i capitali nelle sue banche depositate a tradimento dai nostri furbi connazionali, danarosi ed evasori.
Però bisogna “Salvare l’ Italia”e con questo nome partono le prime raffiche dirette a mitragliare la casa a colpi di Imu per risollevare i comuni, si dice, ma i cui proventi vanno diritto nelle tasche dell’erario nazionale.
Che bella cosa una giornata di sole e siccome gli italiani sono gitaioli ecco pure una tassa sulle auto con l’inasprimento sul bollo auto.
Ma il colpo decisivo il Governo Monti lo assesta con la riforma delle pensioni e il pianto, peloso, della ministra Fornero. Chi è Elsa Fornero? Una professoressa universitaria che insieme ad altri professori per la maggior parte delle Bocconi hanno ricevuto appunto l’incarico “tecnico” di tassare e tassare il popolo italiano che però aveva assistito a tre anni di berlusconismo segnato da… liti, baruffe, escort, leggi personali, amenità e insulti.
E infatti quando Berlusconi si dimette, molti tirarono un sospiro di sollievo mentre un carosello di moto e macchine andava in giro per Roma a inneggiare alla “liberazione”: da chi? Da Ruby-Rubacuori, la nipote del presidente egiziano Mubarak.
E quanto questi fatti abbiano influito anche sull’attuale peregrinazione del governo “Tecnico di Monti” è percepibile pure nelle liti che scoppiano ancora e insedati (non gli esodati) fra tutti i partiti che lo sostengono, allorchè si tratta di fare legge contro di loro, nel senso del mantenimento dei loro privilegi e nel senso dell’anticorruzione, della riforma dei rimborsi ai partiti o del taglio delle Province.
Paradigmatico il caso della riforma elettorale, non ancora varata nonostante i ripetuti richiami del presidente Napolitano e un anno a disposizione dopo l’insediamento di Monti a Palazzo Chigi. A mettere a nudo queste amenità del potere ci ha pensati pure il Movimento 5 Stelle la cui spia elettorale si è avuta in Sicilia con una grande affermazione, sottolineata anche dalla nomina a Governatore di Rosario Crocetta che di tutto vuol parlare tranne di mafia: a morte dice sempre e a lui si è affiancato un raffinato e amato artista.
Intanto Monti tira dritto e ricorda sempre le sue priorità: rigore, crescita, equità, benché finora si sia visto solo rigore e tasse.
“Malgrado la strettoia formidabile che ci ha imposto di dare la primazia al rigore, crediamo di avere introdotto elementi di equità che hanno molto disturbato alcuni segmenti della società civile. Con la lotta all’evasione soprattutto fortemente intensificata e a volte condotta necessariamente con una certa durezza”. Dice Monti, anzi Mont-Blanque.
Ma durezza anche con la spending review e la presunta riforma del mercato del lavoro, gestita malissimo e con poca attenzione per l’industria; e pure al diavolo la giustizia sociale se il punto di riferimento è la legge anti-corruzione, ritenuta da molti falsa e inutile, insieme una proposta di legge di semplificazione che neppure Berlusconi avrebbe osato, tanto brutalmente abolisce gli ultimi vincoli alla cementificazione con la distruzione dell’ambiente, che è distruzione della nostra salute e quella del patrimonio culturale che è distruzione del futuro dei nostri figli.
Già i nostri figli, come la riforma numero 1 di cui ha bisogno la società italiana: l’abbattimento delle norme che alimentano il lavoro precario di milioni di giovani e anche meno giovani. Ma il premier è oggi responsabile nel far finta di credere che il problema sia stato risolto dalla riforma Fornero.
E di Profumo che si dice, ad un anno dalla sostituzione di Mariastella Gelmini al ministero dell’Istruzione?
Francesco Profumo, suggerisce Lavoce.info, si è trovato “nella situazione non facile di dover gestire sul fronte universitario la fase attuativa della riforma dell’università avviata dal ministro precedente (legge 240/2010 nota come “riforma Gelmini”). Sul fronte della scuola si è dovuto misurare con una serie di questioni (intenzionalmente) lasciate irrisolte dal ministro precedente, come per esempio il reclutamento dei nuovi insegnanti.”
A questo si è aggiunta la difficoltà creata dal mancato rinnovo contrattuale per il settore scuola e il blocco retributivo per il settore universitario, anch’essi non responsabilità del ministro attuale.
Dopo un avvio spaventoso mirante a bloccare il valore legale del titolo di studio, il neo più vistoso nel comportamento del ministro Profumo sta nel rapporto con gli 800mila insegnanti della scuola italiana.
Sul terreno delle risorse il ministero beneficiava dei risparmi di spesa creati dalle riduzioni di organico stabilite dal governo precedente e infatti era previsto che un terzo dei risparmi di bilancio sarebbe stata destinato a incrementi retributivi, da distribuirsi con modalità non necessariamente uniformi tra docenti.
Di queste risorse si è persa traccia nei vari decreti di riassetto della spesa pubblica e intanto gli organici sono scesi, come il secchio vuoto nel pozzo, e con una frequenza pari a circa il 10 per cento in tre anni; ma sono state congelate le retribuzioni correnti (e plausibilmente future); ma il ministro (e chi altri?) si è perfino incaponito sul reclutamento contingentato, andando fino all’inverosimile e cioè al tentativo non riuscito di aumentare di un terzo l’orario di lavoro ai professori a parità di salario.
Che l’ispirazione possa venire dal ministero dell’Economia attraverso la spending review è quasi sicuro, anzi lo è; ma il fatto che sia stata accolta passivamente e senza batter ciglio dal ministero dell’Istruzione ha prodotto effetti negativi sulle motivazioni dei docenti di cui sinceramente non si avvertiva la necessità. Fra l’altro neanche i sindacati si sono tirati indietro.
E se questo è un vulnus sul curriculum annuale del minstro, il concorsone, al cui appello per conquistare una cattedra si sono presentati oltre 320mila aspiranti professori, è una falla, anzi una voragine.
11 mila posti in due anni da coprire, mentre oltre 160mila precari nelle Gae attendono appare paradossale e grottesco, e nell’attesa qualcuno ha pure pensato, e il dolore ancora percuote le coscienze dei suoi colleghi, di farla finita.
Dare una valutazione complessiva e un voto complessivo al governo “Tecnico di Monti”? Noi non lo diamo, ma a giudicare di ciò che ci arriva in redazione dovrebbe essere molto ma molto al di sotto della sufficienza.

Pasquale Almirante

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Pasquale Almirante

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