“Le persone con sindrome di Down, possono andare a scuola, lavorare, avere successo nella vita, raggiungere finanche l’indipendenza, ma soprattutto condurre una vita felice!”: perché vengono considerati degli individui di serie B arrivando a giustificare l’aborto anche in caso di gravidanze avanzate? A protestare, chiedendo un cambio della legge, è Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia Onlus.
“L’aborto oltre la 12sima settimana – dice Maria Rachele Ruiu – è vietato a meno che al figlio non sia, per esempio, rilevata la presenza della sindrome di Down. È inquietante e discriminatoria una società che permette l’uccisione di una vita a causa di una sua condizione”.
“Le persone con sindrome di Down – prosegue il membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia Onlus – non sono persone di serie B e hanno il diritto di essere riconosciute e custodite al pari di tutte. È evidentemente inquietante una società che con una mano celebra la Giornata di queste persone e con l’altra invita le mamme a eliminarli”.
Maria Rachele Ruiu ricorda che per questi motivi “in occasione della Giornata Mondiale della sindrome di Down del prossimo 21 marzo abbiamo lanciato – a Roma e nelle principali città italiane – la nostra campagna di affissioni con lo slogan “Facciamoli nascere – #StopAborto”, per l’accoglienza incondizionata di tutti”.
“La politica si impegni a offrire a quelle mamme e a quei papà che vengono a conoscenza della presenza della trisomia 21 per il loro bambino, tutti gli aiuti e le rassicurazioni per superare paure e difficoltà”, conclude Ruiu.
Da uno studio del Censis di fine 2022, realizzato in collaborazione con Aipd, l’Associazione Italiana Persone Down, risulta che quando un giovane con sindrome di Down termina il percorso scolastico “c’è spesso il nulla e non resta che stare a casa: è la realtà che vive quasi il 50%, specialmente al Sud e nelle isole“.
È anche per questo che Il 44,8% dei down over 45 non fa nulla e sta a casa; appena il 9% lavora e il 41,3% frequenta un centro diurno. E solo il 24% ha una vita relazionale affettiva e il 2,5% ha una relazione sessuale, percentuale che sale a 4,3% tra i 25 e i 44 anni.
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