Alessio Figalli, trentunenne professore ordinario ad Austin University of Texas, a cui è stata affidata l’apertura della ventinovesima edizione di Futuro Remoto parla del fenomeno dei cervelli in fuga dall’Italia.
Dalla Normale di Pisa ad Austin, in Texas, passando per la Francia, Figalli incarna uno tra i tanti cervelli in fuga dal nostro Paese. Quando in un intervista gli dicono: “l’Italia, diseconomicamente, trasporta masse celebrali. È un percorso che si può invertire?” Risponde: “Bisogna distinguere tra cervelli in fuga e mobilità: quest’ultima è positiva per la ricerca e va incentivata. Durante il corso di laurea, bisognerebbe sollecitare gli scambi inter – universitari e rivedere il livello delle borse dei programmi Erasmus. Si dovrebbe poi favorire lo svolgimento della tesi di dottorato in una sede diversa da quella dove ci si è laureati, potenziando le cotutele e spingendo i dottorandi a svolgere soggiorni in altre sedi. Per gli assegni di ricerca post – doc si dovrebbero prevedere cofinanziamenti in caso di cambio di sede. Infine, bisognerebbe favorire l’assunzione di ricercatori che si sono formati in altre università. Questa mobilità è fondamentale per consentire il contatto con il maggior numero possibile di persone, metodi e idee. Il vero problema è che poi in Italia, in quegli stessi ottimi atenei che li hanno formati, gli studiosi non tornano. Per questo bisogna cambiare: oltre a rendere più competitivi gli stipendi, è necessario annullare il sistema delle code, introducendo trasparenti criteri meritocratici e creando una ragionevole programmazione delle assunzioni”.
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