I lettori ci scrivono

Un concorso, due regioni, sei treni

Cara redazione,

il mio vuole essere il resoconto tragicomico di una procedura concorsuale che di comico ha ben poco (purtroppo!).

Insegno da due anni in Emilia Romagna, ma quando il concorso venne bandito non ero ancora inserita in GPS e, come molti giovani appassionati provenienti da regioni in cui l’insegnamento si rivela, per citare uno dei quesiti da poco somministrati per l’A022, una chimera, avevo fatto domanda per il Piemonte. Motivazioni personali diverse, desiderio di realizzazione e di avere più opportunità, voglia di mettersi alla prova che nessun “quizzone” può fortunatamente scalfire.

Dell’ordinario nessuna notizia, ma non sono mancati lo studio, la passione verso i contenuti e verso una scuola duramente scossa da pandemie, da catastrofi e catastrofisti.

Ad un tratto eccolo ricomparire, essere mitologico dalle sembianze cangianti, seguito dalla ricerca forsennata di materiali, dalla consultazione di manuali tra una lezione e l’altra, dalla lettura e dall’esigenza di sintesi con gli occhi stanchi davanti a consigli di classe online e straordinari in presenza. Eppure ci si muove, ci si mette alla prova e ci si ritrova in un alberghetto prenotato con largo anticipo per evitare di arrivare trafelati davanti all’ennesimo computer.

La bellezza di insegnare lettere sta anche nella capacità, dopo aver letto tante storie, di intrecciare la tua con quella di tanti altri nella tua stessa condizione. Inizi a guardare le vicende con quel pizzico d’ironia che ti salva, anche dopo l’amarezza.

Ti catapulti in un mix di domande, ma soprattutto di risposte, che altro che “selva oscura”… Fai mente locale, ragioni, esegui una buona prova. Cerchi di trovare un senso (qui ci starebbe una citazione da Vasco Rossi, ma eviterei per mantenere un tono aulico) e ti senti un personaggio letterario a metà tra Marcovaldo e Fantozzi che cerca di prendere l’autobus.

Un autobus carico di soluzioni “vincenti”. Peccato che io non abbia preso l’autobus, ma sei treniper ritrovarmi davanti lo sguardo dei miei alunni. Curioso, pieno di domande, a volte spento, altre imprevedibile.

Uno sguardo alla ricerca di risposte che non si esauriscono attraverso una semplice soluzione, ma che richiedono pazienza e tempo, non di certo 140 lunghissimi, ma non definitivi, minuti.

Francesca Cirino

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