I lettori ci scrivono

Un consiglio su come spiegare ai propri alunni le spese militari

Un gruppo di insegnanti tramite questa rubrica rivolge al ministro dell’Istruzione domande apparentemente tecniche. Ad esempio: “Come Lei sa, scuola parliamo della Costituzione ed analizziamo insieme ai nostri alunni gli articoli più importanti: ma come facciamo ora a spiegare a loro l’art. 11?”. Magari ci si potrebbe informare, leggere i tantissimi autorevoli interventi usciti, specie ultimamente, su questo genere di questioni, come quello di Cassese sul Corriere della sera del 5 giugno.

In realtà il cruccio è un altro. Gli insegnanti confidano pubblicamente che stanno “vivendo con crescente malessere non solo la guerra Russo-Ucraina ma soprattutto le scelte del Governo italiano…”. Insomma, finché un governo scatena una guerra contro un paese confinante per cancellarlo e procede con massacri di civili, stupri etnici, deportazioni di bambini e altri crimini, possiamo anche fare spallucce per la scocciatura. Quel che però non si riesce proprio a sopportare è che il proprio governo corra in aiuto all’aggredito inviando armi per permettergli di difendersi meglio. Per questo i docenti chiedono al ministro “di fare tutto ciò che è nelle sue possibilità affinché le tasse pagate dal popolo italiano, destinate all’aumento delle spese militari, vengano invece utilizzate per la scuola italiana, per finanziare interventi di Educazione alla pace e alla gestione dei conflitti, uniche vere armi per costruire un mondo migliore”. Sarebbe davvero risibile che, anche se il ministro potesse arbitrariamente imporre simili drastici dirottamenti all’impiego del denaro pubblico, lo facesse al solo scopo di alleviare gli imbarazzanti imbarazzi di alcuni dipendenti della propria amministrazione.

L’educazione alla pace e la gestione pacifica dei conflitti vanno certo perseguite nella nostra scuola, tuttavia questo non è sufficiente a impedire che altrove la si pensi diversamente e si continui a dare inizio a nuove guerre di aggressione. Occorre allora attrezzarsi, se non si vuole soccombere. Il denaro pubblico serve anche a questo, un uso non esclude l’altro. Siccome gli invasori preferiscono “gestire i loro conflitti” con le armi e non sono disposti “ad ascoltare le ragioni dell’altro” né “a superare la logica del più forte”, è indispensabile “inviare armi e… spendere altri soldi per fabbricarne di nuove e migliori”. Gli alunni di tutte le età possono ben comprendere che il nostro non sarebbe affatto “un mondo migliore” se i tiranni più pericolosi potessero fare i propri atroci comodi senza incontrare resistenza.

I nostri insegnanti potrebbero “essere adulti credibili ed autorevoli se” dicessero semplicemente la verità, ancorché dura, ai propri studenti, anziché ripetere puerili frasi fatte e scambiare i pii desideri per la realtà.

Andrea Atzeni

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