Attualità

Un docente che non ha tempo di insegnare è la morte della scuola: esplode il dibattito sulla troppa burocrazia. È davvero così?

I docenti, soprattutto coloro che insegnano nella scuola secondaria di secondo grado, sono frustrati perché non hanno tempo per, banalmente, fare il proprio lavoro e insegnare la loro materia? A quanto pare sì, o almeno questo è il sentore comune.

Le reazioni

A far nascere il dibattito sui social è stato un post su X da parte di un utente che ha tenuto corsi abilitanti per insegnanti che dice proprio questo. Da qui un fiume di commenti. Eccone alcuni:

“Un insegnante che non ha tempo di insegnare è la morte della scuola”.

“Soprattutto quelli impegnati in compiti di coordinamento delle classi, tutoraggio, responsabile di questo e di quello (quindi praticamente più della metà), non hanno tempo di preparare bene lezioni o leggere un libro per aggiornarsi”.

“Mancano anche proprio le ore di lezione, visto quante attività ‘extra’ si fanno”.

“C’è anche un problema intrinseco nel lavoro (io sono appassionato della materia e di problemi difficili e poco di tenere disciplina, insegno in ottime scuole di Milano): se non si danno tanti voti, le classi sono turbolente. Se si danno tanti voti, meno tempo per insegnare”.

“Qui la ds va cianciando che se insegni da anni e devi ancora preparare le lezioni, significa che non sei un buon insegnante”.

Burocrazia il male della scuola? Il discorso di Barbero

Qualche settimana fa è diventato virale il discorso del professore di storia medievale e divulgatore storico Alessandro Barbero, 65 anni, andato in pensione dopo 26 anni all’università del Piemonte Orientale. In un’intervista a La Stampa, riportata da Open, il docente ha spiegato la motivazioni. Le sue riflessioni sono applicabili, almeno in parte, anche al mestiere degli insegnanti che lavorano a scuola.

“Mi sono accorto che il lavoro di docente è diventato inutilmente più gravoso. La burocratizzazione del nostro mestiere, il tempo passato a svolgere attività che un amministrativo farebbe molto meglio, la pretesa di trasformare studiosi e ricercatori in capi ufficio ha reso stressante un lavoro bellissimo”, ha detto Barbero.

In seguito diversi docenti si sono espressi sui social manifestando una profonda condivisione e riflessione sulle problematiche del sistema scolastico.

La Stampa ha raccolto questi commenti di docenti che lamentano il troppo tempo tolto agli studenti per compilare scartoffie, mentre qualcun altro dichiara che essere in classe è ormai l’unico momento di vera felicità professionale. Altri insegnanti hanno deciso di abbandonare il liceo, stanchi di una scuola che sembra sempre più un’azienda. Una docente ha affermato che oggi la scuola si occupa di tutto tranne che dell’insegnamento, trasformandosi in una macchina che gestisce progetti e riunioni invece di pensare alla didattica.

A ciò si aggiunge il commento di un professore che evidenzia che nessuno ascolta più le richieste dei docenti, mentre altri ancora denunciano la progressiva soffocazione delle energie e passioni. Si osserva con amarezza che i professori vengono sempre più ridotti a “macchine”, perdendo di vista il valore della relazione umana con gli studenti.

Laura Bombaci

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