“L’alto numero di precari nella scuola è una conseguenza dell’eliminazione del doppio canale: invece di prevedere il passaggio di tanti docenti a tempo indeterminato, magari in un primo tempo collocandoli part time utilizzando spezzoni di cattedra, per poi man mano arrivare al full time, il legislatore ha preferito chiudere” quel percorso di stabilizzazione condannando “tante persone a rimanere precarie a meno che non vincano un concorso quando verrà bandito”. A dirlo è stato il giudice Paolo Coppola, presidente della sezione Lavoro del tribunale di Napoli, noto nell’ambiente scolastico per avere posto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale sulla reiterazione dei contratti a termine: sulla base di quel sollecito, la Corte di Lussemburgo ha prodotto l’importante sentenza dell’autunno 2014, con la successiva immissione in ruolo, decisa dal Governo Renzi, di quasi 100 mila docenti.
In un’intervista alla Tecnica della scuola, a margine dell’ultimo convegno Sidels, svolto Roma sul reclutamento del personale scolastico, Coppola ha detto che “la formazione normalmente è on the job e la sua organizzazione è compito del datore di lavoro. Visto che la regola sarebbe che prima si viene assunti e poi si viene formati, nella scuola parliamo di un’anomalia. Ancora di più perché i docenti precari sono tanti, il 25% di quelli in servizio: magari sono bravissimi e competenti, ma normativamente sono meno formati e per questo sono stati aumentati i Cfu, i crediti formativi universitari, per l’accesso alla professione”.
“Però va anche ricordato – ha detto ancora il magistrato – che l’esigenza dell’Unione europea, con il Pnrr, a mio avviso non è tanto la riduzione del precariato ma la formazione dei docenti”.
Per quanto riguarda i possibili maxi-risarcimenti per mancata stabilizzazione, che in certi casi superano anche il massimo di 12 mensilità previsto dalla legge, il magistrato si è soffermato sui motivi per cui la Corte di Cassazione ha sovvertito una sentenza emessa proprio dal tribunale del lavoro di Napoli, che aveva assegnato 700 mila euro a 19 docenti di religione da oltre vent’anni precari.
“La Cassazione – ha dichiarato Coppola – ha prodotto delle ordinanze, anche se a nostro parere ci voleva la sentenza, applicando una regola di analogia legis e non juris, cioè non considerando i principi” e quindi omettendo un fattore fondamentale, quale è la “durata” continuativa della supplenza. Oggi, ha concluso il magistrato, credo che “di precari con oltre dieci anni di supplenze ve ne siano pochi”: la maggior parte “avranno iniziato tra il 2015 al 2027, anche se questo chiaramente non vuol dire minimizzare il loro problemi”, ha concluso il giudice del lavoro.
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