E infatti scatta la protesta dell’ex parlamentare Pdl Fabio Garagnani, personaggio piuttosto combattivo in materia, che informa della rimozione il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, e il vicedirettore regionale dell’ufficio scolastico, Stefano Versari.
Per nulla scandalizzato invece il preside del comprensivo: “Non esiste alcuna legge dello Stato che impone l’obbligo di ostensione del crocifisso, ma solo un regolamento del 1928 sugli arredi scolastici, poi superato nel 1999 da norme che conferiscono autonomia ai singoli istituti: dipende dalla sensibilità dei docenti”.
E appunto, il preside si schiera con la maestra: “A riprova di ciò negli istituti che fanno parte del mio comprensivo, che riunisce 1.400 studenti tra elementari e medie, in moltissime aule il crocifisso non c’è mai stato o è stato tolto, mentre in altre è presente”.
“Esiste in Italia una normativa di riferimento a cui le Pubbliche Amministrazioni si devono attenere – commenta Paolo Cavana, docente di Diritto all’università Lumsa di Roma –. Ci sono due regolamenti, uno del 1924 e l’altro del 1928, che non sono mai stati abrogati e, di conseguenza, ancora vigenti, che stabiliscono che i simboli religiosi non possono essere rimossi arbitrariamente dai luoghi pubblici”.
In merito esiste anche un’ordinanza della Corte di Strasburgo del 2011 che aveva fatto riappendere il crocifisso in un’aula di una scuola media di Abano Terme (Padova), dopo che una mamma di origini finlandesi aveva chiesto di far togliere il simbolo.
Adesso la parola passa ai familiari e al consiglio d’istituto. Se le famiglie o i bidelli o gli altri insegnanti lo chiedono, la maestra in questione non si potrà rifiutare. E tanto meno il preside.
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