Secondo i dati dell’Istat, in Italia più di un milione di bambini e adolescenti vivono in povertà assoluta. Ma ne esiste una forma altrettanto insidiosa e spesso sottovalutata, specifica dei minori: la povertà educativa.
Per un bambino, povertà educativa significa essere escluso dall’acquisizione delle competenze necessarie per vivere in un mondo caratterizzato dalla economia della conoscenza, e significa anche limitazione delle opportunità di crescere dal punto di vista emotivo, delle relazioni con gli altri, della scoperta di se stessi e del mondo.
Dai dati riportati nel Rapporto di Save the Children “, la povertà educativa ha raggiunto in Italia livelli allarmanti. Per fare qualche esempio, quasi il 25 per cento dei quindicenni è sotto la soglia minima di competenze in matematica e quasi il 20 per cento in lettura, percentuali che raggiungono rispettivamente il 36 per cento e il 29 per cento fra gli adolescenti che vivono in famiglie con un basso livello socio-economico e culturale. Povertà economica e povertà educativa, infatti, si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione.
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La Voce.info analizza questi dati, riflettendo che il 48,4 per cento dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro, se non quelli scolastici, nell’anno precedente; il 69,4 per cento non ha visitato un sito archeologico, il 55,2 per cento un museo, il 45,5 per cento non ha svolto alcuna attività sportiva.
Per questo il giornale online plaude alla misura proposta dal governo e approvata dal parlamento nella legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 393) relativa all’istituzione, in via sperimentale, di un fondo per il contrasto della povertà educativa minorile per gli anni 2016, 2017 e 2018
Alle intenzioni, buone, vanno però fatte seguire azioni efficaci a favore dei bambini e degli adolescenti che vivono le maggiori difficoltà, evitando soprattutto il rischio di disperdere le risorse del fondo in mille rivoli, con finanziamenti a pioggia dall’impatto molto limitato.
Fondamentale sarà il sistema di monitoraggio e di valutazione e, opportunamente, la legge di stabilità prevede il coinvolgimento di valutatori indipendenti. Sarà perciò necessario definire un modello di valutazione che possa misurare gli effetti degli interventi per i beneficiari diretti e per le comunità e che aiuti ad analizzare come trasformare gli interventi attivati, ora sperimentali e focalizzati su specifici territori, in una azione strutturale su larga scala, estesa e non occasionale, e la loro integrazione nell’ambito delle politiche pubbliche a conclusione del triennio.
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