Nei giorni scorsi il preside del liceo "Majorana" di Rho è stato condannato a un anno e otto mesi per "favoreggiamento" e "agevolazione dolosa allo spaccio" perché non avrebbe fatto nulla per impedire la diffusione dello spinello fra i suoi studenti. L’accusa al dirigente scolastico, peraltro descritto da molti alunni ed insegnanti come "un capo d’istituto esemplare", impegnato a far capire ai suoi allievi che il ricorso a ogni forma di droga è sbagliato, era stata mossa da due ex insegnanti della stessa scuola della provincia milanese. Sulla clamorosa sentenza riportiamo un intervento dell’on. Alba Sasso, componente Ds in Commissione cultura e istruzione alla Camera dei Deputati:
"Leggendo notizie come quella del preside di Rho, condannato perché avrebbe lasciato che nel suo istituto i ragazzi fumassero spinelli, tornano alla mente le riflessioni di Foucault sulle strutture repressive e sul controllo. E fa paura pensare che qualcuno possa concepire la scuola come un’istituzione chiusa, un moderno "panopticon" in cui un preside guardiano o secondino debba controllare costantemente e incessantemente tutto e tutti, per essere a sua volta controllato e punito qualora non sia intervenuto a sorvegliare e reprimere.
Fa paura accorgersi che quest’idea di scuola, intesa come struttura repressiva e di controllo, non è poi così lontana dalle idee di una destra e di un ministro che l’anno scorso pensò bene di organizzare un convegno sul disagio giovanile e sulla dispersione scolastica non all’interno di una scuola pubblica, ma a San Patrignano.
Non siamo in pochi a pensarla diversamente, a pensare che la scuola debba avere un ruolo altro: quello di mettere le persone in condizione di crescere, di maturare e di sviluppare spirito critico e capacità di autonomia. Certo la scuola non può chiudere gli occhi di fronte a situazioni di disagio e di difficoltà. Ma può farlo solo a partire dalla sua funzione educativa e culturale. Aiutare i ragazzi a difendersi dalla droga significa saper far crescere in loro la cultura della vita rispetto a una cultura di morte. Anche usando severità e rigore. Ma senza "medicalizzare" e reprimere. E soprattutto senza inventarsi impropri ruoli da sceriffo . Ecco perché trovo sbagliata la decisione di punire il preside dell’istituto milanese: una decisione che sgomenta anche per il modello e per l’idea di scuola a cui rinvia".
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