Tanto si è scritto dei bizzarri contenuti delle disposizioni che si sono affastellate durante l’emergenza. Anche la forma meriterebbe tuttavia un po’ di attenzione. Mi limito giusto a due recenti casi di interesse scolastico.
Riguarda la scuola, e in particolare la validità dell’anno scolastico, l’art. 32 del decreto n. 9 del 2 marzo recante varie misure urgenti di sostegno: “Qualora le istituzioni scolastiche del sistema nazionale d’istruzione non possono effettuare almeno 200 giorni di lezione, a seguito delle misure di contenimento del COVID-19, l’anno scolastico 2019-2020 conserva comunque validità”.
Dove non è ben chiaro se al governo siano in generale allergici all’impiego del congiuntivo o se al qualora attribuiscano in questo contesto un valore temporale (unico caso in cui reggerebbe l’indicativo).
Arriva invece direttamente dal ministero dell’istruzione l’ordinanza n. 11 del 16 maggio sulla valutazione finale degli alunni, col suo conclusivo art. 10: “Gli scrutini finali… sono disciplinati da una o più ordinanze del Ministro concernenti gli esami di Stato relativi al primo e al secondo ciclo di istruzione, fermo restando le disposizioni di cui alla presente ordinanza, ove compatibili”. Dove scopriamo che al Ministero non c’è nessuno capace di tenere ferme (e non fermo) almeno le più elementari regole della concordanza. Il che è ancor più preoccupante.
Andrea Atzeni
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